Parafrasando e invertendo l’ordine delle parole nel titolo di una fortunata trasmissione televisiva culturale e critico-letteraria di non pochi anni fa, si potrebbe quasi commentare: “più approdi che derive”… Viaggi di esplorazione eccezionalmente ma parzialmente esclusi, in effetti una navigazione intenzionale senza approdi in vista, ovvero porti più o meno sicuri da raggiungere o da cui salpare, sarebbe inconcepibile quasi quanto una storia della navigazione priva di una storia della portualità. A tal punto, che buona parte della vicenda umana potrebbe interpretarsi come il tentativo di sottrarsi a una universale deriva e carenza di orientamento, di cercare o creare punti di riferimento il più possibile stabili e speculari di un presunto, immutabile ordine cosmico.
Per circostanze storico-geografiche privilegiate, a lungo teatro di tali sviluppi è stato il bacino del Mediterraneo, già nel 1997 appellato “L’arcipelago” per antonomasia dal filosofo veneziano Massimo Cacciari in un libro così felicemente intitolato. Notoriamente, questo ampio mare inter-continentale ha sempre esercitato una forza centripeta sulle popolazioni rivierasche e non, sovente trasformandole in marinare e funzionando da “melting pot” dei loro differenti apporti civilizzanti e civilizzatori. Non di rado, la navigazione si mutava in migrazione o colonizzazione, come non solo nel caso meglio conosciuto degli antichi Greci ma anche in quello fenicio-punico di Cartagine qui sotto menzionata.
Circoscritta quindi all’ambito mediterraneo, in particolare questa storia della portualità è l’oggetto tematico del volume in questione, raccolta di saggi di otto autori pubblicata nel 2020 dalle Edizioni di Storia e Studi Sociali, Modica, Sicilia: “Storia dei Mediterranei. Città, porti e scambi mediterranei tra l’età antica e la prima modernità”. Poco meno di trecento pagine, il tomo fa seguito e funge da completamento ad altri tre, dedicati più in generale alla storia mediterranea dall’antichità all’epoca moderna e contemporanea.
Praticamente impossibile, soffermarsi in dettaglio su tutti i vari interventi, in una recensione breve. Ben due di essi si concentrano sulla città portuale di Cartagine, storica – e, a volte, epica o mitica – rivale dell’antica Roma nel Mediterraneo occidentale: Stefano Medas, “I porti di Cartagine punica e la logistica delle flotte militari”; Carlo Ruta, “Cartagine e Roma: la convivenza lunga e l’inimicizia imperfetta”. In altri termini, non fu solo scontro, ma anche competizione commerciale e incontro-scambio di esperienze, da ben prima dell’esito egemonico-conflittuale. Segue Flavio Enei, con la sua estesa e puntuale panoramica “Geografia dei porti antichi del Mediterraneo”. Con un notevole salto nel tempo ma non così tanto nello spazio, Maria Concetta Calabrese ci proietta avanti nell’epoca delle italiche cosiddette Repubbliche Marinare fra Medioevo e modernità, in “Il sistema consolare genovese nel Mediterraneo nella prima età moderna: la Sicilia”.
Ecco, poi, un saggio in lingua spagnola steso da Juan José Iglesias Rodríguez, che si sporge oltre i confini del Mediterraneo stesso: “Mercaderes italianos en las ciudades atlánticas del Sur de España a comienzos de la Edad Moderna”. Rispettoso di un tendenziale ordine diacronico, e affacciato su una locale modernità, è il saggio di Carlo Bitossi: “Un portofranco alla Spezia: note su un dibattito degli inizi del Settecento”. L’orizzonte invece si allarga di nuovo a un livello europeo, con Salvatore Bottari: “Gli inglesi e il Mediterraneo (XV-XVIII secolo)”. Infine, un inedito excursus nella storia della marina militare italiana: Maurizio Brescia, “La portaidrovolanti Europa. La prima nave a capacità aerea della Regia Marina (1915-1920)”. In quest’ultimo scritto, la portualità si fa aerea e mobile, innestandosi nella storia della navigazione tradizionale.
Ci si consenta di citare almeno un precedente, pubblicato dalle Edizioni di Storia e Studi Sociali nel 2017: “Roma e il Mare. Viaggi e ambienti mediterranei dall’antichità al Medioevo”, saggi di P. B., Ettore Janulardo, Mario Marazzi, Claudio Mocchegiani Carpano, a cura del compianto archeologo subacqueo Sebastiano Tusa. Si tratta di un progetto e vocazione, perseguito con coerente tenacia dalla stessa casa editrice siciliana. Se il Mediterraneo è stato e in parte continua o torna a essere un teatro storico privilegiato, non di rado tuttavia comprensibilmente problematico, è pur vero che la Sicilia ne è da tempo memorabile un osservatorio centrale e partecipe. Quale sia l’estrazione degli autori su menzionati, o auspicabilmente dei lettori, questa rinnovata attenzione critica andrebbe pertanto salutata con interesse e rispetto. Fin troppe voci in capitolo esterne all’area mediterranea si sono udite anche di recente, non sempre così “oggettive”. Ogni tanto, può giovare ascoltare pure quelle interne e “soggettive”, se non altro per un dialettico e proficuo confronto…
Pino Blasone