Questa volta è il Tribunale del Lavoro di Roma che condanna il Ministero della Difesa a riconoscere il nesso causale tra tumore ed esposizione ad uranio impoverito. “Si apre adesso un nuovo capitolo di una brutta storia in cui resiste sempre e solo il baluardo della Giustizia”, così commenta l’Avv. Angelo Fiore Tartaglia che con questa ennesima sentenza di condanna, mette il Ministero della Difesa in grande imbarazzo. “La Giustizia è tale a prescindere da chi Governa o da chi è il Ministro, se i nostri ragazzi sono ancora costretti a rivolgersi alla Giustizia probabilmente qualcosa non funziona, d’altronde la Commissione Scanu ha provato con grande incisività a sollevare il problema ed anche a risolverlo, ma chi doveva far tesoro dei lavori della commissione al momento latita. I fatti sono le sentenze che arrivano dalla magistratura”. “E’ chiaro che ci fermeremo solo quando tutti i nostri ragazzi avranno ricevuto giustizia” afferma Leggiero, “è vero che i tempi sono lunghi ed estenuanti, ma la battaglia è difficile e complessa, Tartaglia ha costruito una giurisprudenza nuova ma necessaria per garantire tutela al personale, i lavori della IV commissione Scanu hanno fatto tesoro delle sentenze e provato a dettare indirizzi con una legge specifica che, con l’aiuto di alcuni vertici militari e qualche Ministro, ancora giace in un cassetto del Palazzo”. La questione uranio è articolata e complessa ed intorno ad essa, purtroppo, ruotano tanti interessi, siamo determinati ad andare avanti così come siamo sempre stati disponibili al dialogo con tutti i Ministri ed i Governi che da vent’anni si sono alternati. I Governi cambiano come i Ministri, ma il problema resta come l’incapacità o l’impossibilità, di affrontare un tema scomodo che molto spesso viene strumentalizzato. Ad oggi siamo a 367 decessi e quasi 7600 malati il dramma è che da circa un anno stiamo riscontrando il terrore da parte dei militari malati e dei loro famigliari a denunciare “ammaliati” o in certi casi “convinti” da alcuni personaggi ad accettare in silenzio la sofferenza in attesa di un riconoscimento che mai arriverà.
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