Nei giorni scorsi ho avuto modo di leggere dei passi compiuti dagli Avvocati, dai loro organismi associativi per ottenere, niente meno, una modifica della Costituzione.
Sissignore, una modifica “aggiuntiva”, che “metta l’Avvocato nella Costituzione”. Espressione non limpida ma che significa che nella Costituzione della Repubblica deve essere dato atto del ruolo dell’Avvocato e della necessità delle sue funzioni per un corretto e ben tutelato esercizio dei diritti e per la salvaguardia degli interessi dei cittadini.
Bene. Mettano (dovrei dire, “mettiamo”, ma ho qualche riluttanza) l’Avvocato nella Costituzione. Ma preoccupiamoci di non farlo, invece, uscire dal processo, dalle indagini preliminari e tanto per non dimenticare una questione oggi sulla bocca di tutti, dal controllo delle intercettazioni e del loro uso.
E, se possiamo e dobbiamo contestare ai Magistrati il loro tardivo, parziale e, in vario modo, distorto “mea culpa” con il riconoscimento solo di una vaga “questione morale”, non voltiamoci da un’altra parte di fronte allo scadimento della professione di Avvocato, all’inflazione galoppante di legali, alla creazione di “partiti” precostituiti per la “conquista” degli Ordini (a Roma, ad esempio, c’è il “partito di Vaglio”) con l’indecenza di bagarre elettorali. E con episodi che, se noti, renderebbero ridicola, purtroppo, tutta la categoria e che, accuratamente ignorati dalla stampa ed, in genere, dai media, fanno anche perciò temere l’esistenza di qualcosa di peggiore (se è possibile) del ridicolo.
Si tratta di eccezioni. Ma la mancanza di adeguate reazioni per una efficace autotutela della reputazione della nostra professione, fa sì che, accanto alle eccezioni c’è da ritenere che vada radicandosi una regola: la regola della paura, paura di compromettersi. Evitare di scontrarsi con persone “temibili”. Tirare a campare.
Sono stato per anni impegnato in cause avanti alle Autorità Giudiziarie di Agrigento. Città che può, cioè, potrebbe, “vantare” una storia di un Foro autorevole e di patria di Avvocati di alto livello.
Non dirò delle esperienze da me fatte, di una lunghissima serie di cause “create” dalle stravaganze della “vocazione ecologista” di un Avvocato e politicastro locale, considerato per anni un “ispiratore” della locale Procura ed anche della Magistratura giudicante. Tale fino a quando, interrotti gli amorevoli rapporti anche per il sopravvenire di altro personale negli Uffici Giudiziari, l’aggressività di quel soggetto non si è scatenata (con manifesti, striscioni, diffamazioni e calunnie) contro la Magistratura. Che, stranamente, ha reagito molto lentamente e blandamente.
Basta, non dico altro, se non che questo soggetto, raggiunto da diecine e forse centinaia di querele, denunzie, processi e condanne (io “ottenni” la sua prima condanna per una grave diffamazione, in danno di un degno professionista: punita, notate, con 500 euro di multa).
Per anni ed anni l’Ordine degli Avvocati locale sembrò volersi voltare da un’altra parte e, in extremis, lento e mite nell’adottare misure disciplinari malgrado le diecine di condanne passate in giudicato.
Ho detto che l’Ordine degli Avvocati di Agrigento in passato si è mostrato lento, torpido ed indulgente di fronte ai processi ed alle condanne, anche definitive, dell’Avvocato Arnone, vero delinquente abituale.
Il quale non ha contraccambiato con gratitudine e docilità. Ricordo bene una sua dichiarazione in cui, inviperito per non so quale rilievo fattogli, si mise a spifferare nomi e cognomi di Avvocati, tirando fuori ogni sorta di malefatte attribuite a loro ed ai loro congiunti.
Ed allora c’è da dire che un personaggio simile, che dovrebbe suscitare qualcosa tra il ridicolo e la repulsione, fa, invece, paura.
Sissignori. E, quello che dico è una cosa gravissima. Ma non c’è altra spiegazione dell’indulgenza nelle varie sedi trovata sempre da Arnone Giuseppe di Agrigento.
Oggi Agrigento, venuta alla ribalta della discussione dei grandi temi politico-giudiziari, perché il Procuratore della Repubblica ha inaugurato la politica giudiziaria pro-migranti con l’affare della nave “Diciotti” e la strana teoria del “sequestro per mancata accoglienza”, ha, nel silenzio generale su ciò della stampa nazionale ed internazionale una figura nuova, inusitata. C’è in Città una persona che di notte va a dormire in carcere. E’ infatti condannata a pena detentiva, ed è decaduta dall’affidamento in prova ed è in stato di “semilibertà”.
Una detenzione, dunque limitata alle ore notturne, che egli passa al locale carcere di “Petrusa”. E di giorno? Di giorno fa l’avvocato, indossa la toga, starei per dire, e forse non sarebbe sbagliato, sull’abito a strisce da recluso. E va, come tale, in Tribunale.
Recluso di notte, Avvocato di giorno.
Non è il caso di domandarsi dove trovi i clienti.
Dovrebbe trovarne molti tra quelli che dall’avvocato pretendono miracoli. Visto che per sé Arnone il “miracolo” se lo procura.
Di fronte alla mostruosità di un avvocato in abito a strisce sotto la toga, che si divide tra il carcere e il banco della Difesa in Tribunale, pare che gli Avvocati di Agrigento siano stati assaliti da una insuperabile, torpida perplessità.
Stravolgendo il testo ed il senso delle norme come non avrebbe fatto nemmeno un pizzicagnolo, hanno scoperto che la cancellazione dall’Albo, che ogni Avvocato può ottenere a sua domanda, non può essere disposta se l’avvocato richiedente è sottoposto a procedimento disciplinare.
Così, infatti si impedisce che si sottragga al procedimento e ne vanifichi l’efficacia.
Ma per l’occasione, un autentico, amletico dubbio, dicevo, è intervenuto nella mente dei Consiglieri dell’Ordine. Se non può lo stesso avvocato farsi cancellare, come può, invece cancellarlo l’Ordine per il venir meno di uno specifico requisito della libertà delle misure restrittive?
Impossibile ritenere che si tratti di un offuscamento della capacità di leggere e capire una norma chiarissima. Questo, cari Colleghi di Agrigento, lo dico con grande dolore. E autentica paura. Ho dei Consiglieri agrigentini la massima stima e di molti di loro sono amico.
Mai i fatti sono fatti e l’amicizia non mi autorizza a tapparmi gli occhi. E il naso.
Mauro Mellini