ROMA – Tra il Ministero dell’Interno e quello dei Beni Culturali passano poche centinaia di metri. Ieri però, spiravano impetuosi venti opposti, almeno per quel che riguarda l’atteggiamento del Governo per il settore dei giochi. «L’obiettivo del Governo è trovare una soluzione per garantire la sopravvivenza del Casinò di Campione», spiegava una nota del Viminale scritta a quattro mani con il Mef. «Sono contrario alle sponsorizzazioni culturali da parte delle società di gioco. Non vorrei un singolo euro dal gioco del lotto», tuonava dal Mibac il ministro Bonisoli. E dunque, da una parte una istituzione storica del gioco da salvare, in nome dei circa 500 lavoratori che dopo l’istanza di fallimento dello scorso luglio stanno per affollare la schiera dei disoccupati; dall’altra, tutto lo sdegno del ministro per un sostegno alla cultura evidentemente “impuro”, visto che viene dall’esecrato mondo dei giochi, che il Vicepremier Di Maio ha più volte definito “immorale”.
Vale appena la pena ricordare che esiste in Italia una legge del 1996, in base alla quale il Lotto versa una parte della quota erariale al Ministero dei Beni Culturali, che con quei soldi sostiene e rivitalizza il patrimonio architettonico e artistico nazionale, storicamente bisognoso di aiuto. Per fare qualche esempio, particolarmente robusto fu tra il 1998 e il 2006 il piano di interventi sugli Uffizi, con uno stanziamento di oltre 49 milioni. Beneficiati in varia misura, ricorda Agipronews, la Basilica di Massenzio, la Domus Aurea e le Terme di Caracalla a Roma, il Duomo di Pavia e il Palazzo Ducale di Mantova, il Teatro Petruzzelli di Bari. Dall’approvazione di quella legge a oggi, oltre 1 miliardo e 800 milioni di euro sono stati destinati a questo scopo di utilità sociale, consentendo di intervenire su più di 600 monumenti in tutt’Italia.
A parte l’impatto di questi interventi sulla realtà di un Paese che fatica terribilmente a mantenere la sua enorme mole di siti culturali, il discorso scivola anche sull’occupazione. Se gli impiegati del Casinò di Campione sono da tutelare, non meno importante è la cospicua e qualificata forza lavoro che viene attivata con i fondi del Lotto devoluti al patrimonio artistico: restauratori, architetti, artigiani, consulenti, ecc. E non solo: una accurata analisi delle voci di spesa consente di rilevare come in ciascuna delle aree di intervento buona parte delle risorse venga destinata a contratti di stabilizzazione per ex lavoratori socialmente utili. Che con il Lotto hanno vinto anche senza giocare.
MF/Agipro
CASINÒ DI CAMPIONE, PROFONDO ROSSO: BUCO DI 132 MILIONI, 482 LAVORATORI A RISCHIO
ROMA – «Criticità significative nella gestione finanziaria dell’ente, sintetizzabili in una situazione di illiquidità di dimensioni imponenti». Così nel marzo scorso, la Corte dei Conti ha aperto un procedimento di controllo sulla gestione finanziaria nei confronti del Comune di Campione d’Italia, dopo la richiesta di fallimento del Casinò giunta dalla Procura di Como. La crisi della casa da gioco ha inevitabilmente provocato il dissesto del Comune, che si reggeva in gran parte sui fondi che, sulla base di una apposita convenzione, il Casinò doveva corrispondere».
La causa di fallimento ha avuto varie fasi: il 12 marzo di quest’anno i vertici del Casinò hanno fatto una richiesta (accettata) di concordato preventivo (in pratica, un piano di risanamento), per congelare l’istanza. Nello stesso tempo, riporta Agipronews, il Comune ha chiesto di concedere alla società di gestione del casinò più tempo per il saldo del debito, perché, come dichiarato dallo stesso Salmoiraghi: «Se fallisce il Casinò, fallisce tutto il paese». Il 26 maggio, l’ultima illusoria speranza per il Casinò: la proroga di due mesi, concessa dal Tribunale, alla presentazione del piano di risanamento. Due mesi che però sono solo serviti a prolungare l’agonia: il 24 luglio, in vista della scadenza, il commissario liquidatore Angela Pagano ha fatto chiarezza sull’ammontare dei debiti contratti dal Casinò al 30 aprile 2018: si tratta di 132 milioni di euro, dei quali 42 spettano al Comune di Campione. Non ravvisando validi presupposti di risanamento, il commissario ha quindi deciso di bocciare il piano dell’azienda, e il 27 luglio scorso il Tribunale di Como ha dichiarato il fallimento del Casinò e nominato i curatori per seguire la gestione della casa da gioco. Il Comune di Campione, da quel momento, ha chiesto numerosi incontri al Ministero degli interni con l’obiettivo di riaprire la casa da gioco e avviare un piano di ristrutturazione, per evitare il taglio del personale del Comune dai 102 dipendenti a 20, e salvare i 482 dipendenti del Casinò per i quali, il 25 settembre scorso, è stata avviata la procedura di licenziamento collettivo. Ieri l’ultimo tavolo di lavoro tra il Viminale e il ministero dell’Economia sulla questione con l’obiettivo, in attesa di un riordino complessivo delle case da gioco, di trovare una soluzione per garantire la sopravvivenza della struttura.