I Testadicavolo, quando scelgono il ramo legislativo della loro vastissima ed assai rispettata professione, non dormono mai. Consultano vocabolari stranieri, ora per lo più di inglese, enciclopedie, statistiche dell’ONU e di altre organizzazioni mondiali. E trovano parole difficilissime a pronunziare, specie per noi poveri vecchi ignoranti che a scuola studiavano il latino ed il greco. E, come Don Abbondio sciorinava il suo “latinorum” approssimativo al povero Renzo Tramaglino, ce li spiattellano conditi in salsa legislativa.
C’è un criterio (si fa per dire: sono degli scriteriati) comune nei vari episodi di “novellazione” (termine, questo, antiquato, ma non saprei proprio come si può dire in inglese). Quello di fare, per un caso particolare e per uno dei soggetti di tale caso, norme generali, da valere per tutti i casi che le leggi “ordinarie” trattano avendo, però presente la complessità della realtà, il “pro e contro” che ogni situazione presenta. Una complessità certo un po’ ostica alle loro menti nutrite da fortunosi pescaggi su internet, trattando ogni singolo aspetto di una questione come se fosse l’unica cosa esistente al mondo.
Questi legislatori monomaniacali stanno trasformando l’armonia dell’ordinamento giuridico (si fa per dire, tutto è relativo) in un’arlecchinesca sommatoria di pezze colorate, ciascuna delle quali esprime una sua “weltanschauung” (è una parola tedesca, pare che significhi visione del mondo. La usavano anche quelli che in genere facevano citazioni latine).
Ora apprendiamo, (certe cose si vengono a sapere sempre troppo tardi, come una volta accadeva per le “cadute in fallo” delle giovinette) che la Camera dei Deputati ha approvato “con miglioramenti” una proposta di legge già approvata faticosamente dal Senato per la tutela del “whistleblowing”, di chi denunzia il malaffare. Proposta, manco a dirlo, di una certa Francesca Businarolo, deputata pentastelluta e rappresentante, ahimè, del Popolo Italiano nella sua interezza, come recita la Costituzione. L’Onorevole comesichiama è mossa dall’intento di combattere la corruzione ed, a riprova della passione per il suo compito legislativo, sfodera i numeri e le statistiche. E’ venuta a sapere che l’Italia è stata di recente sorpassata dalla Romania negli ultimi posti delle classifiche (rilevabili su internet) della corruzione.
Questo dopo che la Romania aveva approvato, unica, pare, in Europa e non solo, una legge sulla protezione dei “whistleblowing”.
Ora, scoppiando dalla gioia per il successo della sua carriera di allieva dei grandi legislatori dell’Antichità, spera vivamente che, grazie alla “sua” legge l’Italia possa risalire nella classifica dei popoli corrotti, superando almeno la Romania.
Con questa “Legge Businarolo” (che però credo debba tornare al Senato per le “migliorie” apportate dalla Camera) quelli che denunzieranno malefatte, evasioni fiscali, corruzioni, abusi sessuali, maltrattamenti di animali (credo) saranno tutelati dalle ritorsioni. Non potranno essere licenziati, trasferiti, mutati di mansioni. Quasi come i magistrati. La tutela ora si estende anche ai dipendenti privati, alle cameriere, ai portieri, ai capi del personale etc.
Ottima cosa. Ma se la Businarolo avesse fatto ricerche, oltre che su internet, su noiosi volumi di diritto amministrativo, penale, del lavoro, avrebbe potuto (non mettere mai limiti alla capacità dell’umano intelletto, anche quando non ce n’è da scialare) accorgersi che qualche forma di “protezione” già c’è, anche se magari oggi non si può “presumere” che il “comesichiama”, il delatore, il cittadino retto etc. etc. sia davvero tale e siano proprio “ritorsioni” quelle da lui denunziate. Ma il modo di concepire il diritto e le leggi “a forza di pezze colorate” impone che occuparsi di una cosa alla volta. C’è da combattere la corruzione, l’evasione fiscale e le altre cattiverie di amministratori, funzionari, datori di lavoro? Ed allora se c’è qualcuno che li denunzia, proteggiamolo, senza preoccuparci di sapere se è solo un dipendente che ha buone ragioni di temere di essere licenziato.
La legge è stata approvata a larga maggioranza. Ha votato contro “Forza Italia”. Pian piano le menti si aprono e le esperienze, come quelle della Legge Severino, magari non si ripetono.
Così il nostro linguaggio giuridico si arricchisce di un’altra parola inglese, anche un po’ difficile a pronunziarsi “whistleblowing”.
Avrete capito che, anche perché non so proprio un tubo della lingua inglese, questa novità proprio non mi va giù.
Ai miei tempi c’erano dei bei termini italiani, di origine latina o greca a significare la stessa cosa: delatore, sicofante, spia.
Però buttare in faccia ad una persona un termine del genere era un po’ troppo spinto.
C’erano spie, delatori e sicofanti sotto il Fascismo. Ma persino Del Re, la spia che mandò in galera Ernesto Rossi ed i suoi compagni di G.L., e che poi ricattava Mussolini, sporse querela per essere stato definito da Ernesto Rossi, che su di lui scrisse un libro, “la spia del Regime”. Del Re, che era stato compagno delle sue vittime era propriamente un “pentito”, un “impunito”, ancorché impenitente.
Pitigrilli, lo scrittore era invece un semplice delatore. Un “whistleblowing”, se ci fosse stata la democrazia. Se la cavò benissimo anche dopo la caduta del Fascismo.
Ma ora che c’è la democrazia (si fa per dire) ci sarà la protezione, grazie alla legge della brava Businarolo. Ma anche senza la legge, una protezione i delatori, “buoni” e “cattivi”, ne hanno sempre avuta da sbirri, poliziotti, magistrati.
Anche io, nel mio piccolo, posso assicurarvi di aver conosciuto non solo “pentiti” e delatori, e, tanto per non usare parole pesanti, personaggi dalla denunzia facile di malefatte vere ed immaginarie, ma anche di aver fatto l’esperienza di una “tutela” assicurata non voglio ipotizzare come e da chi. A d esempio a quello che d’ora in poi chiamerò “rispettosamente” un “whistleblowing”, che per anni ha rifornito la Procura di Agrigento (lo chiamavano “Pepè Corrimprocura”) di denunzie, esposti, manifesti, per consentirle di stare al passo con le altre Procure più manipulitiste d’Italia nella persecuzione di amministratori, funzionari, imprenditori “infedeli” (come lui li definiva) veri (non ne mancano mai) ed immaginari, organizzando la pianificazione della persecuzione di taluni di essi (uno di quelli, poi, gli ci ha fatto, come si suol dire, sbatterci il muso). Costituendosi, poi parte civile a nome di Legambiente, di cui pare fosse padre e padrone. Era ed è l’avv. Giuseppe Arnone (da non confondersi con un suo omonimo che è un’ottima persona).
E’ in questa veste, che ora chiamano con una parola inglese sintetica ma così difficile a pronunziarsi, che ha denunziato, sbeffeggiato, calunniato funzionari, imprenditori, sindaci delle Città.
Ha proclamato opere pubbliche realizzate addirittura risparmiando sugli stanziamenti per esse previsti, mafiose e fuorilegge, condannando la Città e lasciarle inutilizzate per paura di incorrere nelle denunzie di quel forsennato. Ha vilipeso avvocati (a me diede del “rimbambito ed addirittura dell’ubriacone”, per essermi compiaciuto di aver vinto una causa contro di lui).
Quando si cominciò (potrei dire, cominciai) ad ottenere delle condanne per reati anche gravi per le sfacciate esplosioni diffamatorie, cominciò a prendersela con i magistrati, con alcuni dei quali, però, fino all’ultimo rimase “pappa e ciccia”. Fece manifesti per oltraggiarli. Piovvero su di lui le condanne, sempre però con un tariffario assai benevolo. Ha totalizzato, malgrado prescrizioni, varie, diecine di condanne per reati, per lo più calunnie etc. Alla “parsimonia” delle condanne penali si aggiunse quella dei provvedimenti disciplinari: fa ancora l’avvocato. Condannato più di un anno fa per calunnia con sentenza alla reclusione senza condizionale (dati i numerosi precedenti) passata in giudicato, sta ancora a piede libero in attesa di una decisione circa l’”affidamento in prova”, non so se a Legambiente (!!!) o a quale altra benemerita istituzione. “La prova” però la fornisce quotidianamente, continuando a collezionare condanne come Di Matteo colleziona cittadinanze onorarie. E continua a fare l’avvocato ed a far comizi caricando di improperi gente a destra e a manca.
E’, col nuovo lessico, per così dire, giuridico, un “whistleblowing” seriale. E, con un sistema, invece, vecchio ma, a quanto pare, assai efficiente, ne gode la relativa “protezione” benché quella della Businarolo non sia ancora legge.
Qualcuno potrà dire, magari, che chi tante ne combina, dissemina molti scheletri negli armadi altrui. Magari la legge della brava Businarolo potrebbe servire a farveli dormire in pace, ottenendo lo stesso effetto che tale macabra circostanza ha sempre prodotto.
Mauro Mellini