Debbo confessare al mio caro amico Patrizi Rovelli, impegnato con sagacia e buona scorta di ogni necessario sapere nell’impresa della costituzione di quella che, chiamata “banca dati” della giustizia (espressione forse un po’ restrittiva) di non aver compreso subito l’importanza politica, ai fini della difesa delle libere istituzioni, della sua iniziativa.
Ma già la “concorrenza” che, poi, anziché tale, era ed è un allarmante “antidoto” che il C.S.M. ha quasi subito deliberato di crearne una (con i soldi pubblici ed al di fuori e contro i limiti delle sue competenze istituzionali), mi ha dato la dimensione non meramente tecnica e strumentale-professionale di un simile organismo. E dell’urgenza di realizzarlo.
Paradossalmente, ma è un paradosso che si presenta assai frequentemente, è l’aspra critica di un avvocato, che, almeno con riferimento a questa sua esternazione non saprei definire che uno sciocco, è valsa a chiarirmi le idee come avrei dovuto fare dal primo momento.
“Volete fare una gogna delle malefatte purtroppo frequenti della giustizia e dei loro autori? Occorre invece lasciarle il più possibile nell’ombra, presentando quanto di buono ancora la giustizia ci dà, promuovere, sottolineare il meglio, le sentenze ed i provvedimenti più dotti ed efficaci! Che cos’è questo crogiolarsi nel pessimismo? Perché non cercare di convincere gli altri che non è tutto da buttare?”.
Ho riflettuto su queste parole, malgrado il fastidio che sempre suscita l’ottimismo degli sciocchi. E’ un atteggiamento più diffuso di quanto l’obiettiva situazione consenta di ritenere possibile.
Un atteggiamento che non è venuto fuori oggi, ma ha radici vecchie.
E che ha già provocato danni incalcolabili e non facilmente reversibili al nostro assetto costituzionale-giudiziario e che ha consumato e vanificato il valore della scienza e della tradizione giuridica lasciando alla mercé delle idiozie e delle storture peggiori non solo il nostro apparato giudiziario, ma il nostro sistema liberal-democratico.
Questo non voler guardare le malefatte, non discuterne e non analizzarle (anche le baggianate hanno una loro logica” ed una loro potenzialità, anche se negativa) è atteggiamento che ha sottratto la scienza giuridica ad un compito che le è proprio ed essenziale ed al quale non si fa fronte guardando altrove e sdegnando una doverosa attenzione per i prodotti deteriorati e venefici della giustizia.
Discettare delle sentenze “pregevoli”, delle interpetrazioni puntuali e coerenti, lasciando lievitare l’intruglio delle baggianate e la loro stratificazione, nel culto di una supposta “utilità” per far fronte alle “emergenze”, per condurre le “lotte” quando non per perseguire utilità per disegni politici, è uno sciagurato errore, un venir meno ai doveri della ragione. Ed è quello che è avvenuto nel corso di decenni, dalle prime “sparate” di Magistratura Democratica, con le professioni dell’”uso alternativo della giustizia”
La catastrofe del diritto non interviene in un giorno.
Ma ragionare come quell’avvocato che ci dava lezione di “doveroso ottimismo” è comportarsi come un medico che al capezzale di un ammalato, prende nota e proclama solo quel che nel fisico del paziente ancora funziona o quasi. E, per “ottimismo” ignora le evidenti patologie in atto.
Aspettare “dignitosamente occupandosi d’altro” che le malefatte giudiziarie diventino prassi corrente, “giurisprudenza consolidata”, si stratifichino, vi si faccia l’abitudine dalla gente e da quelli stessi che ne sono vittime, per poi, magari, occuparsene come di un “dato di una insopprimibile ed incontestabile realtà” quando, magari, legislatori ignoranti siano accorsi a fornire una “copertura legislativa” a quelle sconcezze, è colpevole violazione del dovere che la scienza impone a chi la professa e non la ignora.
Rilevare, denunziare, catalogare le baggianate non è compito (solo) dei giornali umoristici (che non ci sono e, comunque, preferiscono e ritengono più prudente occuparsi d’altro). E denunziare, catalogare i baggiani senza i quali le baggianate non pioverebbero dal cielo è ancor più necessario.
Grazie caro amico avvocato ottimista! Con l’augurio che la sua sciocchezza trovi sempre orecchie capaci di trarne buoni insegnamenti.
Mauro Mellini