“Non si tratta di sospendere l’autogoverno, ma di restituirlo alla normalità il prima possibile” ha precisato in serata il premier Rajoy.
A raffica una dopo l’altra erano poi giunte le condanne al gesto estremo compiuto dal Parlamento di Barcellona. Il Ministro italiano Angelino Alfano in serata ha parlato espressamente di “gesto gravissimo”. “La Spagna è il nostro unico interlocutore” ha tuonato il Presidente Ue, Donald Tusk. Condanna anche da parte della Casa Bianca, che tramite la portavoce Sarah Sanders ha puntualizzato ancora una volta di “sostenere una Spagna unita“. Parole di approvazione per la coraggiosa scelta sono invece arrivate da Scozia e Abkhazia, paesi da sempre fautori del proprio indipendentismo.
Puigdemont e i suoi alleati non sembrano curarsi della pressione internazionale, né tantomeno sembrano arrendersi alle contromosse esercitate da Madrid. Indiscrezioni di stampa riferirebbero di una riunione avvenuta nella sede del governo catalano per discutere delle nuove leggi costituenti del proclamato nuovo stato di Catalogna. Ma per il presidente catalano e i suoi seguaci si starebbe per abbattere anche la mannaia dell’incriminazione da parte della Procura spagnola: già lunedì potrebbe essere ufficializzato il suo arresto, e quello di molti dei suoi fedelissimi. Rischierebbero tutti quasi 30 anni di reclusione, per il reato di ribellione. Puigdemont ha ribadito: “Resistiamo, no violenza”.
Quasi la metà della popolazione catalana continua però ad essere contraria alla secessione. Dissidi sembrano esserci anche nelle stesse fila dei partiti secessionisti. Nella tarda serata un gruppo di unionisti avrebbe protestato sfilando per le vie di Barcellona.
L’inferno spagnolo sembra appena all’inizio. La Spagna brucia davvero nel caos. E nessuno sa come andrà a finire.
Graziano Dipace