Si è chiusa nei giorni scorsi, con una deliberazione del C.S.M. la vicenda di quello che credo sia stato il concorso più travagliato, per polemiche, pressioni, addirittura pubbliche manifestazioni, nonché accuse di indebiti interventi, della storia del pubblico impiego in Italia.
Dire che è chiusa non so se sia esatto, perché per volontà dichiarata del Concorrente si apre ora una “coda”. Dall’Ufficio al quale il Concorrente, riuscito vincitore, è stato trasferito, questi ha già dichiarato che intende allontanarsi prima di insediarsi, per essere “applicato” all’Ufficio stesso che occupava in precedenza. Insomma il travagliatissimo “concorso del secolo” (ché veramente merita questa denominazione) non sarebbe servito a nulla, o quasi. Un “quasi” che pare non sia privo di sostanza per l’inquieto Concorrente, che ha spiegato al pubblico, attraverso la stampa il complicato perché di quella che sembrerebbe una “manfrina”.
Si tratta, la notorietà del fatto rende inutile la documentazione di quello che potrebbe sembrare il parto di una fantasia Kafkiana, del concorso per il posto di Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia in Roma intrapreso e vinto nella seconda “ripresa” dal dott. Nino Di Matteo, attualmente e, a quanto pare, anche in futuro, di stanza a Palermo.
Ma non è di questa storia dell’andata e ritorno, anzi, della immobilità del trasferimento che vogliamo parlare. Ma della singolarità del trambusto che ha accompagnato sin dall’inizio un concorso interno per una diversa funzione e sede nell’ambito di una Pubblica Amministrazione. Un trambusto che non ha precedenti nel nostro Paese e, credo in qualsiasi altro.
Cartelli, manifestazioni in piazze e teatri, infuocati articoli di stampa. E la tifoseria organizzata, secondo la migliore tradizione del calcio. In realtà un’unica tifoseria è divisa in due organizzazioni, non so bene perché: Scorta Civica ed Agende Rosse. Con tanto di capi e sottocapi.
Le tifoserie, come è noto anche a chi, come me, poco o nulla sa del giuoco del calcio, si scatenano non solo per le partite, ma anche per le vicende del calciomercato, in cui quelli che fanno il bello ed il cattivo tempo sono i finanziatori, quelli “che ci mettono” i quattrini. Che, però, se la devono vedere con i tifosi, che le loro critiche alla “politica di mercato” le esprimono in maniera piuttosto violenta.
Certo, c’è una differenza: mentre in genere i tifosi fanno l’ira di Dio contro la “vendita” di qualche loro idolo o per il mancato acquisto di qualche star ritenuta capace di portare la squadra in testa alla classifica, nel caso del Concorso del dott. Di Matteo la tifoseria “antimafia” ha fatto il finimondo per ottenere che questi vincesse il posto a Roma. Ma non è che tumultuassero per cacciarlo via da Palermo, ma per fargli avere quella bella soddisfazione, ché l’”uomo simbolo del processo Stato-Mafia” li aveva rassicurati, fin dal momento in cui aveva deciso di partecipare al primo concorso, che da Palermo avrebbe trovato il modo per non muoversi.
Per il resto si può dire che tutta la campagna per quel trasferimento dell’Inamovibile si è svolta più con le aggressioni (verbali, per fortuna), gli insulti, le insinuazioni contro quanti, a torto o a ragione fossero considerati d’ostacolo a quel giuoco che con gli argomenti relativi ai titoli, diritti e precedenze, in verità un po’ troppo complicati anche per gli onniscienti tifosi e per le loro polemiche.
Chi sa quale fastidio una così rumorosa tifoseria, con la sua intromissione prepotente e spregiudicata nella delicata questione nientemeno che di un concorso del C.S.M. per un posto dell’organico giudiziario avrà arrecato al dott. Di Matteo e, magari, quali preoccupazioni per gli effetti controproducenti di tanto volgare prepotenza, tali da potersi ritorcere in suo danno.
Ma anche questo è inevitabile nel comportamento delle tifoserie e nelle consuetudini del mondo del calciomercato. Solo che, magari, i calciatori possono considerare il fanatismo di certi velleitari loro sostenitori nelle operazioni che li riguardano, parte del loro “patrimonio” e, quindi, della loro “quotazione”.
Nel calciomercato, in cui corrono miliardi e, se non altro per questo, valgono le leggi ferree del profitto, si insinua, per il ruolo di forza di pressione che vi hanno le tifoserie, l’elemento della superstizione (nessuno compra a cuor leggero un calciatore “jellato”) e qualcuno dice anche della magia e dei maghi che “operano” in questa espressione moderna del fanatismo.
Anche nella vicenda del concorsissimo del dott. Di Matteo si è, incredibilmente, inserito qualcosa del genere. Il Direttore di “Antimafia 2000”, un quotidiano on line, che Ingroia definì “organo ufficioso della Procura di Palermo” è diretto da tal Bongiovanni, un singolarissimo “guru” che va in giro con una croce dipinta sulla fronte, vanta colloqui con gli Extraterrestri, e, per loro tramite, con Gesù Cristo, i Santi etc.
“Antimafia 2000” è stato il bollettino di guerra della tifoseria pro Di Matteo. Chi sa che il buon successo dell’operazione “trasferimento” non sia stato preannunziato ai mortali per tramite di quell’ultimo portavoce dell’Aldilà. Altro motivo di fastidio e di sgomento, è da ritenere, per il dott. Di Matteo.
Come nelle clamorose polemiche sulle operazioni dell’accaparramento dei più quotati calciatori, non è mancata l’accusa di un misterioso intervento a gamba tesa contro il travagliato trasferimento. “Questo trasferimento non s’ha da fare” avrebbe sussurrato nelle orecchie di componenti del C.S.M. “un’altissima personalità istituzionale”. Ad affermarlo, non è stato un tifoso qualsiasi, e nemmeno il Guru-giornalista-colloquiante con l’Aldilà, ma stavolta, lo stesso Di Matteo. Che ha così spiegato la sua sconfitta al primo concorso. Non ha fatto nomi, ma quelli che se ne intendono (ce ne sono in queste cose come per il calciomercato) ritengono “evidente” che si tratti dell’allora Presidente della Repubblica Napolitano. Così si legge, ad esempio, sul “Dubbio” che pare non nutra dubbi in proposito. Una notazione molto personale in una vicenda in cui vogliamo credere e ci auguriamo di poter vedere impegnate solo le furenti fantasie di masse di fanatici.
Ora chi sa se la tifoseria vorrà continuare a battagliare per l’“applicazione” del dott. Di Matteo a Palermo, cioè al posto da cui non intende muoversi, malgrado tanto chiasso e tanti contrasti. Certo, se la tifoseria dovesse disinteressarsi di questa un po’ strana fase finale, le sue (certo indesiderate) eruzioni di fanatismo finirebbero per aver avuto il significato e, per quanto possibile, l’effetto del volersi levar di torno, cioè da quel di Palermo, un così insigne magistrato, per di più “condannato” a morte da Totò Riina. E questo non quadrerebbe con la logica ed il costume del calciomercato.
Mauro Mellini