La notizia dell’assoluzione del Generale dei Carabinieri, Mori, è rimasta un po’ in ombra per altri fatti e situazioni accaduti in questi giorni.
Anche noi siamo in ritardo, ma il commento, quello oramai ineluttabile, lo avevamo, in sostanza, già fatto in precedenza.
Perché, in effetti, non è che con la sentenza di Palermo, cioè ora e solo ora, sia “risultato”, che Mori è innocente. Il fatto clamoroso, infatti; non è che Mori sia oggi assolto. Il fatto, la questione che si pone e che merita un commento non superficiale è che Mori è stato processato. Ripetutamente, così che credo solo gli ottusi e i faziosi possano non capire che l’accanimento contro Mori ha avuto ed ha carattere persecutorio, ma che, soprattutto, esso sia espressione di una pretesa di imporre su tutti, persino sullo Stato stesso, il cosiddetto controllo di legalità da parte della giurisdizione penale, cioè della Magistratura. Sempre “magistratura di lotta”, che ne ha fatto uno dei pilastri dell’ideologia del suo esser partito. Un controllo anche sul Governo, sullo Stato in quanto tale (si tenga presente la farneticante impostazione del “processo della Trattativa”.
Mori è divenuto una metafora dello Stato da censurare, condannare e riportare sulla “giusta” strada. Che dovrebbe, poi, essere quella indicata dalle Procure. Questa la sostanza dell’atteggiamento del Partito dei Magistrati o, quanto meno, di quella sua “scheggia impazzita” che è rappresentata da una certa magistratura siciliana e palermitana in specie.
Sciascia scrisse della “Sicilia come metafora”. L’atteggiamento di quella magistratura imperante in Sicilia è infatti una metafora del ruolo del Partito dei Magistrati e della grave anomalia istituzionale rappresentata dalla sua stessa esistenza.
E una metafora della platea giustizialista osannante nel resto d’Italia sono le “confraternite” di fans Siciliani della Procura di Palermo, magari capeggiate dal Guru che parla con gli extraterrestri, Gesù etc.
Certo, anche in Sicilia c’è chi ha posizioni più “moderate”, chi magari, nella stessa magistratura sente almeno un po’ di fastidio in questo frenetico “mostrare i muscoli” di quei colleghi così apertamente Komeinisti.
Ma la moderazione di quella porzione, del resto timida, non basta. E’ la moderazione che si esprime, al più, in un atteggiamento elusivo ed ambiguo. E che magari si esprime pure evitando la formula “il fatto non sussiste” come in quest’ultima sentenza Mori.
Ma c’è un altro, più evidente atteggiamento elusivo, che si traduce nella inconcludenza nel venire a capo della “questione giustizia”. Esso è quello di un po’ tutti i Governi, del Parlamento, della classe politica ma che oggi è impersonato da Renzi e dai suoi, da quell’”Orlando Curioso” che è il suo Ministro della Giustizia. Un atteggiamento elusivo che è tanto più grave e manifesto proprio per il tentativo di Renzi, è questa una delle sue tante bugie, di farsi passare per bersaglio delle intemperanze dei magistrati e di volere, magari con la caotica e sgangherata sua “riforma” costituzionale, “imbrigliare” l’estremismo e la faziosità giudiziari.
Varie volte abbiamo qui espresso il convincimento che, senza prendere atto della gravissima anomalia della esistenza stessa del Partito dei Magistrati, qualsiasi intervento “correttivo” delle esorbitanze giudiziarie si traduce nei classici, inconcludenti “pannicelli caldi”.
Il caso Mori, quello dell’accanirsi contro di lui, i processi contro di lui intentati (costati, anche in termini monetari, un’enormità, fatto di cui nessuno risponderà) confermano quel mio pensiero: è l’emblema di questo stato di cose.
Solo una forza politica autenticamente liberale e democratica, che si formasse e si imponesse nel Paese, potrebbe ovviare a tutto ciò.
Amici, spero che questo almeno voi possiate vederlo.
Mauro Mellini
24.05.2016