Dicono i pacifisti che le guerre le perdono anche quelli che sembrano vincerle, perché, in verità ci rimettono tutti.
C’è del vero in ciò. Ma è vero pure che c’è chi dalle guerre sa trarre guadagni altrimenti impensati e che talvolta una guerra serve a cavarsela in problemi insolubili di una pace difficile e di una vita non proprio esemplare.
Mentre nel P.D. emerge il Gentiloni-pensiero su un intervento militare non conflittuale, Renzi annunzia che il dibattito per le “primarie”, per le amministrative, “data la situazione” (di una guerra ancorché “non conflittuale”) deve essere “congelato” (sta arrivando il freddo siberiano) fino a metà gennaio.
Non sarebbe un vantaggio da poco, con il rischio che corre il P.D. di arrivare alla rissa e di vedere scossa l’onnipotenza “monocratica” di Renzi e dei suoi, con prospettive difficili per la “monocraticità” del partito.
“Non disturbate il manovratore”, si diceva una volta. Non turbate l’elaborazione del grande contributo italiano alla strategia antiterrorismo degli altri (sempre Gentiloni!!).
Ed il Partito Democratico “prende su e porta a casa” un paio di mesi in più per respirare.
“Il coraggio di non andare alla guerra”.
Bel titolo, bello slogan. Mica il coraggio di quelli che una volta erano gli Obiettori di Coscienza che andavano in galera. Il coraggio di quelli che non vanno al dibattito con i relativi rischi, con la scusa di non andare alla guerra.
Mauro Mellini