A volte ritornano. Mentre la “sua” Procura di Palermo naviga verso i nuovi mondi del diritto processando lo Stato, reo di tentativo di subire le minacce della mafia ed è alle prese con le storie di telefonate “che purtroppo non ci sono state”, con latrocini di cui solo i magistrati “possono non sapere” e supporto di Guru in contatto con gli extraterrestri e loro tramite con Gesù etc. etc., Giancarlo Caselli si rifà vivo per dire la sua contro i “pericoli” in verità assai ipotetici, di una qualche limitazione all’abuso delle intercettazioni telefoniche.
Con il volto cupamente crucciato sotto la folta bianca chioma, Caselli ha sentenziato “c’è sempre chi vuole normalizzare la magistratura”.
E’ un’espressione che in realtà era un po’ passata di moda, dopo che quelli di “Magistratura Democratica”, allora “anormali” in una magistratura ancora in maggioranza “corporativa” ed allineata con il “sistema” D.C. della Prima Repubblica, si faceva in dovere di “non sapere” quello che tutti sapevano, cioè di “coprire” ladri e latrocinii. E quelli di M.D. della propria “anomalia” se ne facevano vanto.
Poi l’anomalia dei “magistrati d’assalto” è finita. La categoria si è compattata.
La questione della minacciata responsabilità civile è stata il collante occasionale dell’unità.
“L’anomalia” è rimasta: di tutta la magistratura, del sistema giudiziario e della giurisdizione rispetto alla logica dello Stato democratico. Gli strumenti, i metodi, lo spirito dei “pretori d’assalto” è diventata dell’intera Corporazione, trasformatasi in partito. Magistrati come Caselli, un tempo di “Magistratura Democratica”, lottatore prima contro i terroristi a Torino, poi contro i mafiosi a Palermo e, quindi “gran cacciatore” dell’elefante bianco, di Andreotti e, con lui, più dello stesso Stato che del sistema D.C., Caselli ha conservato il linguaggio di un tempo e, col volto corrucciato che evoca i misteri che ha inteso svelare e gli ostacoli insormontabili dei poteri occulti che ha voluto sfidare, continua a buttare là le parole destinate alla storia o, forse, alle storielle.
“C’è chi vuole normalizzare la magistratura”.
Senza offesa per nessuno, torna alla mente il proverbio “Pulcinella si confessa cantando”. Caselli e con lui molti magistrati, “si confessano” facendo dichiarazioni che dovrebbero essere di condanna senza appello contro indicibili, oscure mene “della reazioni in agguato”, come diceva Pietro Nenni negli anni ’40.
La magistratura, che i congiurati cattivi e furbi dovrebbero “normalizzare” è dunque “anormale”, “anomala”. Evviva! Per chi non è poi che ci provi gran gusto a fare sempre il bastian contrario, ci sarebbe da tirare un sospiro di sollievo a trovarsi finalmente persino d’accordo con Giancarlo Caselli.
Questa magistratura sarebbe proprio da normalizzare, da sollevare nell’interesse di tutti dalla situazione di anormalità istituzionale, dalla trasformazione in partito, dalla propensione alla parzialità dichiarata della “giustizia di lotta”, dalla angosce di una sempre affiorante mania di persecuzione.
Solo che per Caselli l’anormalità è normale, dovuta, intangibile. E non solo per Caselli. Anche moltissimi magistrati, in grado di imporre questa loro convinzione a tutti gli altri e di farne sistema, che magari non usano questo lessico che ricorda un’epoca oramai lontana, identificano la normalità, la giustezza, il dover essere della loro funzione con questa effettiva anormalità. E, con Caselli, gridano al sacrilegio ogni volta che qualcuno (cioè; pochissimi e raramente) si azzarda a ricordare che diritto, giustizia, funzione giurisdizionale sono necessariamente “normalità” o non giustizia e diritto. ma sono, invece retorica, prevaricazione, eversione delle libere istituzioni.
Ed allora è questo il problema: che a mettere in pericolo l’anormalità riconosciuta da Caselli e per lui tanto cara e preziosa, sono, siamo in pochi. Gli altri si accontentano della “normalità anormale” che oggi imperversa. E sperano che a farne le spese siano sempre gli altri.
Ed invece le spese di queste anomalie le facciamo tutti. E sono insostenibili.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info