Il pasticcio di Alfano su Mafia Capitale
di Antonio Turri
La mafiosità come elemento inquinante la politica e il mondo degli affari ha almeno 20 anni di attiva presenza e di coinvolgimento in non pochi settori della classe dirigente nella Capitale. Questo cancro, cosi come aveva previsto Leonardo Sciascia, si va estendendo velocemente verso il nord del Paese. La presenza dei boss delle mafie meridionali a Roma e nel Lazio è accertata già dagli anni ’70. Da allora si è avviato quel processo prima di infiltrazione, poi di radicamento che ha portato all’attuale fase della contaminazione mafiosa di settori delle criminalità autoctone, politiche ed economiche. Sistema criminale questo che ho definito, anni fa, la Quinta Mafia o mafia da contaminazione. Anche questo processo che viene negato dai più, come la linea della palma evocata sempre da Sciascia, sale inevitabilmente verso le Regioni settentrionali e pare l’unico modo, per molti, di praticare la gestione della cosa pubblica. Quindi se si continua a sbagliare la diagnosi sarà difficile trovare la giusta terapia. Non ho mai ritenuto possibile che chi fa parte del sistema mafia-politica-corruzione ed è arrivato a goderne dei benefici, possa cambiarlo dall’interno. Sono altri i soggetti che dovranno provvedere a cambiare le cose: le Vittime, cioè noi Cittadini alleati con quei pezzi di Istituzione che resistono al declino etico-morale del Paese. In particolare sarà essenziale il ruolo che continua a svolgere la stragrande parte sana delle Forze di Polizia e della Magistratura,limitate spesso nell’azione di prevenzione dall’ingerenza dei poteri politici. Nelle prossime ore, con molta probabilità il Consiglio dei ministri, su proposta del responsabile del Viminale, Angelino Alfano, simbolo quest’ultimo del vecchio italico vizio di un colpo al cerchio ed una alla botte, decreterà il non scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Roma. Una ragion di stato che sancirà definitivamente, qualsiasi siano le motivazioni, l’impotenza della politica o meglio di un bel pezzo di essa al contrasto incisivo del sistema mafia-corruzione. La vicenda mafia capitale per alcune delle new entry tra i diretti collaboratori del sindaco della Capitale si è chiusa con gli ultimi arresti, quindi, si può desumere che gli altri coinvolti dal trio Buzzi-Odevaine-Carminati resteranno al loro posto, dal Campidoglio ai palazzi della Regione Lazio, salvo un nuovo tintinnar di manette, su cui sono in molti a fare gli scongiuri perché non avvenga . Si prepara per Roma e per i suoi abitanti un nuovo pasticcio, forzando, a mio avviso, le normative attuali che regolano lo scioglimento delle amministrazioni comunali infiltrate dalla mafia. Siamo al dovrei, vorrei ma non possiamo sciogliervi. C’è ed è poi non tanto celatamente ricordato, l’imminenza del provvidenziale Giubileo convocato da papa Francesco. Si affideranno, probabilmente al super prefetto di Roma Franco Gabrielli la gestione delle cose “serie” della Capitale e a Marino e ai suoi l’ordinaria amministrazione. Lascia inquieti come le attuali compagini di maggioranza al governo nazionale, regionale e della Capitale paiono rispettare il vecchio detto siciliano: calati Junco ca passa la china. Molti dei maggiorenti dei palazzi colonizzati da Buzzi e co. nutrono la speranza che la Magistratura romana cessi dal trovare riscontri alla monumentale informativa dei Ros dei Carabinieri che chiama in causa ben altri livelli della politica sin qui immuni dal pagare per gli abusi e per le costanti violazioni delle leggi in materia di appalti, finanziamenti alla politica e altro . Il prossimo 3 settembre, al ritorno dalle meritate e spensierate vacanze del sindaco Marino, si chiameranno a raccolta tutti i settori della politica che non sapeva e le antimafie di riferimento, al grido: la mafia c’è ma non è “cosa nostra”. Poi tutto come prima. Più di prima è il sospetto avanzato da certa “cattiva” stampa e da chi non sa distinguere e sostiene, senza motivo, che gli amici di partito verranno nominati negli enti pubblici e nelle società partecipate, che gli incarichi professionali e di consulenza verranno elargiti agli esperti d’area politica e che anche le varie commissioni antimafia, in preparazione nella regione Lazio, saranno dirette dagli amici degli amici. Costoro, sempre senza motivo, sospettano che siano in preparazione oceanici raduni e passerelle dei vip dell’antimafia e dell’anticorruzione, ad incarico retribuito, pronti a dichiarare dai palchi: noi i buoni, loro i cattivi. Tutto a spese del Popolo “sovrano” che inizia a domandarsi ingiustamente, sobillato da mafiosi finti antimafiosi: ma gli appalti senza gara ai signori del mondo di mezzo vuoi vedere che li assegnava tal “Romualdo da Cortona”? Non sarà che i danari dati da Buzzi e compagni per le campagne elettorali ai ras della politica, venivano santificati e benedetti dai sacerdoti del sacro tempio, abitato dai buoni a prescindere? Nulla di nuovo sotto il sole d’Italia. Anche questo già scritto, sostengono i detrattori dell’ottima politica romana, nell’aria verdiana del Rigoletto :Cortigiani, vil razza dannata, per qual prezzo vendeste il mio bene? A voi nulla per l’oro sconviene!… Con questo non vorrei aver suggerito involontariamente ai familiari del prossimo boss romano che passerà a miglior vita, la musica da suonare per il funerale dei tanti padrini cresciuti a cacio e pepe nella Città Eterna tra traffici di droga, omicidi chirurgici, giri milionari di usura, vaste operazioni di riciclaggio di danaro sporco e cene elettorali a “loro insaputa”.