Siamo, in Sicilia, al fondo fangoso del barile di una politica vergognosa, ammantata di una retorica antimafia oramai screditata, che mostra oramai tutte le crepe della sua ipocrisia e dell’impudenza dei suoi esponenti.
Cuffaro sta in galera, condannato a sette anni per una telefonata. Concorso esterno, reato “giurisprudenziale”, alla faccia della Costituzione, del codice penale e del “principio di legalità”. “Legalità” che non consiste nelle chiacchiere edificanti che le mogli dei poliziotti e magistrati vanno a fare agli scolari delle regioni del Sud.
Non dirò che Crocetta deve essere condannato a sette anni di galera per la telefonata con il medico “sbiancasederi” di sua fiducia, Tutino. Ma la telefonata di questi due è incomparabilmente più vergognosa di quella che ha portato Cuffaro dietro le sbarre.
Il linguaggio di quel fantasioso chirurgo del “riciclaggio” (funzionale) di quella certa parte del corpo con il “Governatore” antimafia non è quello, al più, del connivente. E’ il linguaggio degli assassini incalliti, di cui riferiscono “a verbale” i loro colleghi cosiddetti pentiti, per i quali dire che “bisogna ammazzare” Tizio o Caio sono “sentenze” da emettere con la massima disinvoltura.
Crocetta tace e acconsente. O, almeno, non dissente, né “corregge” il suo chirurgo riciclatore di fiducia, anche lui “antimafia doc”. Un colloquio tra antimafiosi con espressioni da Totò Riina.
Perché Tutino, oltre che fantasioso chirurgo specialista in quel genere di “ricilaggio” (blanqueo…dicono gli spagnoli) è certamente un “antimafia”. Ci mancherebbe altro! A Crocetta lo ha presentato chi? Ingroia magistrato antimafia che più antimafia di così non si può, divenuto manager e commissario di ex provincie, di fiducia del Governatore.
Ad Ingroia, Tutino lo ha presentato un’altra magistrata, Lia Sava. Ma che bella compagnia!
E pensare che la povera Lucia Borsellino era convinta, fino a ieri, di stare in mezzo a personcine per bene e scrupolose, come suo Padre.
Questa l’Antimafia di Palermo e dintorni. Il Terzo livello.
Non ho mai avuto a che fare con Cuffaro. Me lo presentarono una volta a Roma, nel Transatlantico di Montecitorio.
Sono sempre stato convinto che il reato per cui è stato condannato non esiste se non in una giurisprudenza che, in quanto “creatrice” di fattispecie di reato, è impudentemente arbitraria.
Mi pare che la telefonata che, in sostanza, lo ha mandato dietro le sbarre sia, più o meno, quella oramai che tutti gli italiani di buon senso devono fare: “attento a quello che dici…sta a vedere che siamo intercettati…”.
Il Governatore antimafia avrebbe avuto come minimo il dovere morale (perché non credo al reato “giurisprudenziale” di “concorso esterno”) di rispondere almeno così a Tutino, il suo riciclatore etc. di fiducia. Che gli diceva che bisognava ammazzare la Borsellino. Parlargli, magari, come aveva parlato Cuffaro. Un galantuomo non ne avrebbe potuto fare a meno nemmeno per il timore di sette anni di galera. Ma Crocetta non “è uomo d’onore”, come diceva Cesare. E’ Antimafia.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info
P.S. Nota bene: il segreto istruttorio in ordine a quella telefonata in Sicilia aveva “tenuto” alla perfezione. La trascrizione dell’intercettazione è avvenuta a Roma con l’Espresso, non a Palermo. Dove i giornalisti tacciono, come Crocetta e più di Crocetta. Un po’ per abitudine, un po’ per paura del “metodo Tutino”.
M.M.