100 anni fa, in un impero ottomano ormai prossimo al tramonto, nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, iniziavano gli arresti, le deportazioni e le esecuzioni sommarie che avrebbero sancito l’inizio del primo vero genocidio del ventesimo secolo. Solo nel primo mese più di 1000 intellettuali armeni furono costretti a lasciare le proprie case per prendere parte alle “marce della morte” nel triste debutto di un secolo che ne vedrà molte altre. Ma ad oggi, a 100 anni di distanza, sono solo 21 i paesi che esplicitamente riconoscono il “grande crimine” (così come gli armeni stessi lo definiscono), tra cui anche l’Italia, mentre il governo di Ankara continua a mantenersi parecchio chiuso e suscettibile davanti a una realtà storica che per sciocchi pudori diplomatici stenta a diventare anche politica.
Nella commemorazione del centenario, al di là delle grandi celebrazioni di Erevan, nel panorama delle capitali europee non sono mancate manifestazioni di vicinanza al popolo Armeno, in particolare si è svolto alle 15 di questo pomeriggio a Parigi, un grande raduno in memoria delle vittime davanti alla grande statua di place du Canada, eretta nel 2003 in onore di padre Komitas, prete e musicista armeno anch’esso vittima della deportazione. Ad organizzare la manifestazione sono state perlopiù associazioni e collettivi turchi, curdi e aleviti che col supporto della AAA (associazione audiovisivi armeni) hanno dato vita ad un grande esempio di fratellanza e comunione, superando la diversità e ponendosi davanti al dolore di un passato non troppo remoto, con la voglia di non dimenticare.
Alessandro Caviglione