Dopo il barbaro e sanguinario attacco all’Università di Garissa che ha fatto 148 morti giovedì scorso, gli shebabs, ossia il movimento nato dalla fusione di diversi gruppi islamisti somali, il cui nome significa “giovani”, dall’arabo al-Shaabab perché i militanti sono reclutati tra la gioventù, hanno nuovamente minacciato il Kenya.
Oggi, sabato, è stato intimato al Kenya di lasciare “le terre musulmane” promettendo una “guerra lunga e spaventosa” ed “un nuovo bagno di sangue”.
L’80% dei kenioti sono cristiani ed i terroristi accusano Nairobi di perseguitare il 20% di musulmani che, invece, hanno già fatto sentire la propria voce contro la barbarie.
Gli shebab contano tra i 7 ed i 9.000 combattenti che hanno raggiunto al-Qaeda nell’Est africano. Ne copiano i discorsi estremisti ed i metodi quali gli attentati estremisti. Indeboliti in Somalia, hanno scelto il Kenya, paese di frontiera infiltrato dalla corruzione e dove una minoranza musulmana giovane ed allo sbando rappresenta un terreno prospero per l’islamismo radicale.
Dal 1998 il paese non conosceva un attacco `di questa gravità. Allora fu al-Qaeda che rivendicò direttamente l’attentato contro l’Ambasciata USA di Nairobi che fece 213 morti.
Mentre cinque persone sono state arrestate, sospettate di complicità con gli aggressori il governo keniota è criticato dagli stessi aggressori. La nebulosa terrorista va allargandosi ed al di là del lavoro delle forze dell’ordine e dei servizi dei paesi interessati dovremmo imparare a trattare le stragi a qualche migliaia di chilometri da noi come se si fossero verificate sotto casa nostra.
Le televisioni occidentali passano in looping quanto succede fino alla ripetizione eccessiva. Anche gli studenti kenioti meritavano la stessa attenzione.
Luisa Pace