Gli israeliani hanno votato. Israele è una democrazia e la scelta va rispettata. Nessuno li ha obbligati ad andare alle urne. Riprendo una mia frase di ieri sera mentre seguivo i dati degli exit poll: “Non ho ancora scritto sulle elezioni in Israele… Li conosco troppo bene per non sapere che tutto è possibile. Qualcuno ha spiegato a chi pensa che Netanyahu può “proteggere” Israele che se conserva il potere si apre la porta alla violenza e che Hamas festeggerà?”. Stamani Netanyahu ha anche quel “punto” in più.
I proiettori di tutto il mondo erano puntati su Israele, non è una novità per il paese che conta il maggior numero di inviati permanenti. Ovviamente tutti concentrati quasi solo su un’unica questione: il conflitto israelo-palestinese.
Ma la posta in gioco non è solo il riconoscimento della Palestina. Netanyahu ha finalmente espresso ad alta voce quello che pensava da sempre, ossia che con lui non esisterà mai un stato palestinese. Ha anche promesso di estendere le costruzioni nella zona di Gerusalemme Est, ossia la parte della città considerata dai palestinesi come la loro capitale. Potevamo quindi pensare che con queste dichiarazioni e dopo le tensioni già createsi con gli USA e la diplomazia internazionale si sarebbe dato la zappa sui piedi e che gli israeliani si sarebbero infine liberati da questo politico che è tutto fuorché un fine stratega. Si sarebbe potuto mettere un punto al lungo e fastidioso dibattito da tavolino tra pro e contro israeliani e/o palestinesi.
La posta in gioco era ed è anche la vita quotidiana degli israeliani che non vivono solo di conflitto e sono in profonda crisi come in molti altri paesi. Affitti alle stelle, problemi con le cure mediche, stipendi troppo bassi… Perché, a differenza di quanti molti credono, Tel Aviv non è il centro di Manhattan. Gli israeliani vogliono andare a stare meglio ed hanno ragione.
Cosa dire? Che ha vinto la paura? La paura di cosa? La paura del nemico? Ma quale nemico? Certo che Israele è circondato malissimo e che ha il terrorismo alle porte per non dire in casa e proprio per questo consentire un terzo mandato a Netanyahu è una pessima idea. Perché non aprire direttamente le porte all’Isis con una bella scritta di benvenuto?
Invece di andare verso la fine delle tensioni, con questo voto è stata data su un piatto d’argento al governo palestinese la possibilità di continuare l’iter con il Tribunale Internazionale dell’Aia sui crimini di guerra. Come ho già detto sopra il braccio armato di Hamas avrà di che festeggiare e per mettersi al sicuro una parte degli israeliani ha messo in pericolo tutto un paese.
Smettiamo comunque di dire che Netanyahu ed il Likud hanno sfrontatamente vinto. Diciamo che la sua ripresa è stata clamorosa proprio perché inaspettata ed è lecito pensare che il salvagente glielo abbia buttato “Il secondo Israele” al quale il Premier si era appellato. Si tratta degli immigranti aschenaziti giunti dall’Est europeo che si sentono discriminati dalla elite di sinistra, dai media e dagli intellettuali.
In funzione di come il nuovo governo verrà costituito la classe media ed il proletariato israeliani potranno valutare quanto prendersela con i connazionali che hanno rivotato Netanyhau.
Ai media che si intestardiscono a volerne a tutti i costi ad Israele titolando che al governo ci saranno anche ultranazionalisti e religiosi, vorrei personalmente rispondere che non è una novità e che comunque così sarebbe stato perché il Parlamento israeliano, ossia la Knesset, riunisce molti partiti ed invito chi non c’è mai stato a godersi una seduta parlamentare. Non importa capire l’ebraico. Si gridano addosso esattamente come fanno in strada. Gli israeliani sono in parlamento come fuori. Parlano e parlano tutti.
Ora Netanyahu deve comporre con Herzog. Dovranno comporre con i 30 seggi del Likud ed i 24 del partito di centro-sinistra Unione sionista. Non è da poco che il terzo partito, benché resti all’opposizione sia la Lista Araba Unita con ben 13 seggi.
Sì certo, Netanyahu si fa un terzo mandato, ma in quali condizioni? E quali saranno le conseguenze per il paese?
Mentre siamo qui in Occidente a criticare il voto al Likud, sono molti gli israeliani, giovani e meno giovani, a svegliarsi con la gola secca ed ancora più preoccupati per il futuro. Dopo i festeggiamenti il Likud farà meglio a ricordarsi di fare i conti anche con gli altri partiti se non vuole ritrovarsi isolato in casa nonché diplomaticamente. Forse cominceranno presto le prime manifestazioni contro il nuovo governo in nome delle difficoltà della vita quotidiana.
Sì, perché anche se pochi lo scrivono, anche in Israele si manifesta!
Luisa Pace