Un ulteriore e duro colpo al patrimonio della famiglia mafiosa del latitante M. M. D. e’ stato inferto con il sequestro di diversi complessi aziendali, attività agricole e commerciali, terreni e fabbricati, autoveicoli, beni mobili strumentali e disponibilità finanziarie, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.
Il sequestro, disposto dalle Sezioni Misure di Prevenzione dei Tribunali di Palermo e di Trapani, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ha interessato diversi soggetti ed imprenditori, tutti arrestati nel dicembre 2013 in quanto coinvolti, a vario titolo, nel supporto alla latitanza del boss M. M. D. e nel controllo degli interessi economici riconducibili a quest’ultimo.
I provvedimenti concludono indagini economico – patrimoniali svolte congiuntamente dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, dal Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza di Roma (S.C.I.C.O.) e dai carabinieri del R.O.S e del Comando Provinciale di Trapani, sotto la direzione della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo. La ricostruzione patrimoniale ha permesso di definire le infiltrazioni di “Cosa Nostra” e dei suoi leader storici, fra cui M. M. D., negli affari di diverse società ed attività agricole e commerciali, dislocate in diverse province della Sicilia e del Sud Italia.
In particolare, l’indagine ha fatto luce sulle modalità di controllo delle attività economiche e produttive sul territorio, da parte dell’organizzazione capeggiata dal M. D., attraverso la gestione occulta di società e imprese di diretta emanazione criminale, operanti in svariati settori. Le investigazioni hanno permesso di svelare, oltre alle personali responsabilità penali degli indagati nell’azione di supporto alla latitanza del boss trapanese, l’esistenza di un circuito imprenditoriale teso ad assicurare un completo controllo economico del territorio nel settore dell’edilizia e del relativo indotto, mediante la gestione e la spartizione di importanti commesse.
Tra i soggetti interessati dai provvedimenti ha assunto particolare rilievo la posizione di G. F. (cugino del latitante M. M. D.), al quale è stata contestata la titolarità di fatto di società operanti nel settore dell’edilizia. Il citato soggetto, a fronte di redditi esigui, aveva evidenziato significative disponibilità, sia di tipo aziendale che personale, che sono risultate di provenienza illecita.
Precedenti attività investigative della Squadra Mobile della Polizia di Stato di Trapani hanno invece evidenziato il ruolo di F. S. nella condotta finalizzata all’intestazione fittizia di una società di costruzioni.
Gli accertamenti hanno, inoltre, fatto emergere elementi di interesse investigativo sul livello di collocazione all’interno dell’organizzazione di V. T. e A. T. D. S., quali prestanome di una società operante nel settore olivicolo, ritenuta di importanza cruciale sul territorio campobellese.
L’articolata attività aveva già permesso di accertare la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Castelvetrano di diverse attività economiche, controllate da A. L. S., le cui vertenze per la spartizione dei guadagni venivano risolte, in taluni casi, da F. G., figlio di F. e R. M. D., quale collettore delle relazioni connesse all’attività di sostentamento della famiglia dei M. D. e dello stesso latitante. Le indagini hanno altresì documentato come L. S. abbia gestito, per conto dell’organizzazione, la realizzazione di importanti commesse pubbliche e private nell’area di Castelvetrano, tra le quali figurano le strade della zona industriale e le opere di completamento del c.d. “Polo Tecnologico” di contrada Airone, nonché i lavori per le piazzole e le sottostazioni elettriche del parco eolico denominato “Vento Divino”, nel comune di Mazara del Vallo (TP), a seguito di un accordo spartitorio con quest’ultimo mandamento mafioso. In tale contesto, sono state anche accertate le modalità di aggiramento dei vincoli imposti dal protocollo di legalità sottoscritto con la Prefettura di Trapani dall’appaltatore del parco eolico, l’impresa “F. E. R. A. Srl”. La piena riconducibilità delle vicende societarie alla famiglia del latitante veniva confermata dai conflitti sulla spartizione degli utili d’impresa, ritenuta iniqua da P. M. D. e da R. S., zia del ricercato, con l’intervento risolutore, anche in questo caso, di F. G.
Il dispositivo comprende, inoltre, le indagini sviluppate nei confronti di N. P., uomo d’onore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, ritenuto uno dei principali referenti dei flussi di comunicazioni mafiose verso la provincia di Palermo, con particolare riferimento ai contatti preparatori delle riunioni, tra il noto F, L. e i responsabili dei mandamenti di Cosa Nostra palermitana. Il L. costituiva, infatti, all’epoca in cui le articolazioni palermitane di Cosa Nostra stavano tentando di ricostituire la Commissione Provinciale, il referente trapanese delle comunicazioni destinate a M. M. D.. Dopo l’arresto del L., lo sviluppo delle investigazioni nei confronti di N. P. consentiva l’acquisizione di elementi che, oltre a confermarne la contiguità al latitante di Castelvetrano, definivano il ruolo di condizionamento delle commesse pubbliche e private in ambito locale. In particolare, il predetto emergeva quale referente nella gestione di alcune operazioni propedeutiche alla realizzazione del villaggio turistico della catena Valtur, in località Tre Fontane a Campobello di Mazara, ad opera della società M. V. S.p.A. di C. P., originario di Castelvetrano.
Un ruolo di particolare importanza per il sostegno logistico al latitante era stato offerto anche da G. C. che, nel novembre 2007, aveva partecipato alla predisposizione delle condizioni logistiche per l’effettuazione di un incontro tra F. L. e gli allora latitanti S. e S. L. P., nonché da M. M. D., cugino del latitante, il quale, come è emerso sviluppando le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Trapani, si era reso protagonista di attività estorsive sul territorio, per reperire le somme necessarie al sostegno economico dei familiari dei detenuti in carcere.
Tra i beni sottoposti a sequestro si annoverano 3 società, 7 quote societarie e 4 ditte individuali, 12 autovetture, 4 veicoli industriali, 1 motociclo, 13 autocarri, 3 semirimorchi, 1 fabbricato industriale, 1 immobile a destinazione commerciale, 8 immobili ad uso abitativo, 29 terreni, 4 fabbricati rurali, polizze assicurative, titoli azionari, rapporti bancari, depositi a risparmio, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.
Comunicato Comando Provinciale di Palermo