Oggi ho letto una lettera indirizzata a te. Una lettera scritta certamente da un Uomo che ha più titoli e più meriti di me, sempre che io ne possieda, per poterti scrivere. Le nostre strade si sono incrociate per caso un po’ di volte e leggendo quella lettera ho sentito il bisogno scrivertene una anch’io. Sì Matteo, perché quella lettera rende esattamente quello che sei, quello che fai e il danno che tu e quelli come te avete fatto al nostro paese. Eppure, manca una parte. Quella parte che ho vissuto incrociando sulla mia strada i tuoi affari.
Matteo, da un anno vivo lontano dalla Sicilia, ma come nella lettera che ti ha scritto I.M.D. e che ho letto soltanto stamattina, neppure io ho dimenticato la sensazione di incontrarti in ogni momento quando vivevo in Sicilia, nella mia città, interessandomi ai grossi affari che si realizzavano in tutta l’isola.
La prima volta che c’incontrammo, o per meglio dire quando m’imbattei in uno dei tuoi tanti affari milionari, credo fosse intorno al 2005/06, quando denunciai la realizzazione di opere per l’ammontare di decine e decine di milioni di euro nella zona a cavallo tra la provincia di Agrigento e quella di Trapani, scrivendo che dietro quel genere di attività c’era l’interesse delle famiglie mafiose del belicino. Non parlavo di te, non facevo il tuo nome, come se nella mia mente di semplice uomo di provincia le due cose potessero essere separate. Come se la mafia del belicino e tu foste due entità diverse.
Nella denuncia da me inviata alle competenti Autorità scrivevo dei miei sospetti su progetti presentati alla Regione e sulle presunte facili autorizzazioni rilasciate. A distanza di tempo, per quelle autorizzazioni, vennero arrestate delle persone. Non ricordo se gli arrestati fossero dipendenti regionali o di enti locali e non avendo seguito la vicenda giudiziaria non saprei dirti se furono pronunciate o meno sentenze di condanna. Così come non so se e quanto influì la denuncia che avevo presentato tempo prima. Quello che so, è il fatto che – come riportato dalla stampa – si scoprì che quegli “affari” erano direttamente riconducibili a te.
Passò del tempo, poco a dir la verità, e m’imbattei in un altro “affaire”. Uno di quelli grossi, uno di quelli per i quali i milioni di euro sono tanti da giustificare qualunque cosa. Anche lì mi battei puntando il dito contro quelle che, a mio modesto avviso, erano delle autorizzazioni rilasciate con estrema facilità. Poi, come spesso accade in Sicilia, anche su quell’affare cominciò ad aleggiare l’oscura ombra della mafia. La tua ombra, Matteo. E io lì, come uno stupido, a scrivere di quello che era sotto gli occhi di tutti e che tutti facevano finta di non vedere. Già, una volta puoi essere ingenuo, la seconda sei stupido. Non mi spaventarono le minacce, né mi faceva paura che tu, o chi per te, potessi avere interessi in quei lavori. Anche questo era messo in conto. Quello che non avevo messo in conto era la tua capacità di raggiungere il potere, quello vero, stravolgendo le verità. Quelle verità che erano e sono sotto gli occhi di tutti coloro che preferiscono non vederle, nonostante l’intensa attività investigativa condotta dagli inquirenti abbia messo a nudo, ancora una volta, gli interessi e i legami che ha Cosa Nostra con il mondo imprenditoriale. E, certamente, anche con quello politico e quello di altre forme di potere che forse è preferibile non nominare neppure.
La terza volta che c’incontrammo, fu il 12 novembre del 2011. A quella data, infatti, risale un tuo (porta il tuo nome) “biglietto da visita telematico”. Un blog nel quale è pubblicata una sola pagina. In quella pagina, che può sembrare opera di uno squilibrato, nel linkare il mio sito ringraziandomi per una fotografia che avresti potuto prendere da qualsiasi parte e per utilizzare la quale io comunque non ti avevo autorizzato, minacciavi, o consigliavi, quelli che una volta erano stati i tuoi capi, facendo i nomi di personaggi politici a quel tempo insospettabili e legando gli stessi al periodo delle stragi di mafia. Storie inverosimili, ricche di citazioni colte, di apparenti deliri.
Chiunque fosse stato a scrivere quella pagina, sapeva benissimo che linkandomi mi sarebbe arrivato l’avviso e che di conseguenza l’avrei letta. Certo, i nomi che facevi erano al di sopra di ogni sospetto. Almeno fino a quel momento. Certamente chiunque avesse letto quello che scrivevi l’avrebbe ritenuta l’opera di un folle. E forse così è andata. Ma io non ho mai creduto alla follia fine a sé stessa e ho sempre pensato che dietro ad ogni follia possa celarsi una verità, così presentai circostanziata denuncia del fatto. A rileggere ora, a distanza di anni, quella pagina, il contenuto sembra meno folle di quanto non sembrasse allora. Ma fose a rileggerla adesso sono rimasto soltanto io.
Qualche tempo fa, non molto a dire il vero, ho sottoposto il tuo scritto a chi ne conosceva già altri. Ho così avuto una chiave di lettura che avvalora quanto sta accadendo oggi in Sicilia in merito ad uccisioni ” opportune” per portare avanti svolte politico giudiziarie da”cambiamento ” .
Ma forse si tratta soltanto di fantasie mie e della persona alla quale ho sottoposto il tuo scritto. E che è tuo (lo scritto) sembra esserne convinto anche il mio interlocutore, visto che gli ricorda tanto le tue lettere a Svetonio (Antonio Vaccarino) che fanno parte dei fascicoli giudiziari che vi riguardano.
Per anni mi sono chiesto il perché di quel link al mio sito. Proprio non riuscivo a capire per quale ragione si potesse linkare il tuo “biglietto da visita informatico” a una pagina da me scritta in merito a vicende di mafia nelle quali il tuo nome non compariva e che risalivano a molto prima che tu fossi così in auge.
Poi, pian piano, mi è sorto un dubbio. Il dubbio di essere stato utilizzato. Già, chi meglio di me, sapendo che già due volte avevo denunciato affari nei quali c’era il tuo zampino, avresti potuto usare per far presentare una denuncia in merito l’esistenza di quella pagina? Una sorta di “corriere” inconsapevole di un “pizzino telematico” che volevi far giungere a qualcuno molto in alto.
Ma forse le mie sono solo fantasie. Forse sopravvaluto la tua intelligenza, considerato quello che I.M.D. riporta nella sua lettera: “Antonella Bonomo, una ragazza, una mamma che gridava pietà per il bimbo che portava in grembo – scrive I.M.D. – Inorridito, penso a te e ai tuoi amici che ridendo, come gli scellerati imprenditori-speculatori durante il terremoto de L’Aquila, la strangolate, la calpestate, la violate”.
Lui conclude la lettera, che invito tutti a leggere, scrivendoti “senza affetto e senza alcuna stima”. Io, alla disistima per te (e credimi, ne ho tanta), vorrei aggiungere quella verso tutti i “colletti bianchi” che in maniera vile ti hanno spianato la strada facendoti crescere e facilitando i tuoi progetti economici.
Tutte persone che usando la penna, e non la lupara, ritengono di avere le mani pulite da quel sangue che tu hai sparso nelle strade del mio paese. Quel paese dal quale sono lontano da un anno e non per paura di te (peraltro non potevo certo rappresentare un pericolo ma solo un piccolo fastidio), nè di quei miserabili pezzenti in giacca e cravatta che ti fanno da scendiletto.
Con profonda disistima nei vostri riguardi
Gjm