Saddam al-Jamal, stando a notizie provenienti da militanti dell’ISIS, sarebbe morto oggi in combattimento. Altri militanti hanno dichiarato invece che al-Jamal sarebbe vivo e starebbe continuando a combattere. Al-Jamal aveva guidato in precedenza la brigata Allahu Akbar, dell’esercito libero siriano (FSA). Jamal non era considerato solo il capo di un battaglione, ma un alto comandante del FSA per l’intera regione orientale della Siria.
Secondo i dati forniti FSA ad Al Jazeera nel mese di luglio, il battaglione Allahu Akbar vantava più di 800 combattenti e molti finanziatori, ma ben nacquero le accuse di corruzione e abuso di fondi contro Jamal.
Gruppi come Jabhat al-Nusra e l’ISIS accusano i membri del FSA di essere laici e che non vogliono uno Stato islamico in Siria. Ma in realtà, la maggior parte dei combattenti del FSA – tra cui battaglione di Jamal – non hanno alcuna ideologia e spesso si identificano semplicemente come musulmani che vogliono rovesciare il regime di Assad.
Nel mese di novembre al-Jamal aveva annunciato il suo “pentimento” per l’appartenenza al battaglione e al FSA, passando allo Stato Islamico e rivolgendosi ai suoi combattenti, esortandoli ad abbandonare il FSA.
In realtà una scelta obbligata visto che la sua vita dopo le accuse mossegli era appesa ad un filo. Riconosciuto come un uomo di coraggio ma senza alcuno sfondo intellettuale, prima di diventare un combattente jihadista era dedito al contrabbando tra al-Bu Kamal e l’Iraq.
Uno scrttore di Deir Ezzor, che preferì mantenere l’anonimato, dichiarò ad Al Jazeera che se al-Jamal non era sopravvissuto come leader della brigata di Allahu Akbar, non sarebbe sopravvissuto come come leader dell’ISIS nella sua città. “Come la gente di al-Bu Kamal non ha accettato Jamal come un dittatore – aveva dichiarato l’uomo -, essi non lo accetteranno come estremista.”
gjm