Irina Putilova, un’attivista del movimento LGBTQ in cerca di asilo nel Regno Unito, il sei dicembre è stata arrestata dai funzionari del UKBA e portata allo Yarl’s Wood Immigration Removal Centre, che di recente è stato oggetto di polemiche per presunti casi di abusi sessuali da parte di guardie private contro i detenuti di sesso femminile.
Grazie al cosiddetto sistema ‘Fast Track’ che permette la trattazione di richieste di asilo entro 2 settimane, nonostante le ampie critiche da parte di gruppi per i diritti dei migranti che sostengono che sia fortemente sbilanciato nei confronti del ricorrente e nonostante la complessità del caso dell’attivista, la sua pratica di richiesta di asilo potrebbe concludersi con l’estradizione della stessa verso il paese di origine: la Russia!
Irina Putilova aveva lasciato la Russia dopo un procedimento penale contro di lei a causa del suo coinvolgimento in una protesta. In Russia, la Putilova che faceva parte di un gruppo artistico di fama internazionale (Voina), era impegnata nella tutela dell’ambiente e vicina ai movimenti anti-autoritari.
Il suo attivismo pubblico l’ha resa un obiettivo da parte delle forze dell’ordine e dei servizi segreti a San Pietroburgo, dove ha vissuto fino alla sua partenza dal paese.
In Russia, nel mese di aprile 2012, la Putilova aveva iniziato a ricevere minacce di violenza fisica dal Centro per la Prevenzione dell’Estremismo, Aka Center ,famoso a livello internazionale per i suoi metodi da gangster e che attualmente funziona come una forza di polizia politica.
Non vi era alcun motivo di dubitare della serietà delle minacce, visto che due mesi prima, Filipp Kostenko, amico e socio della Putilova, era stato aggredito, picchiato brutalmente e aveva avute spezzate le gambe da “ignoti”, dopo ricevuto minacce simili. Gli investigatori della polizia hanno ripetutamente visitato e perquisito la casa dei genitori dell’attivista russa, rivolgendo agli stessi le minacce di morte delle quali era stata oggetto la figlia.
Minacce attendibili, visto il modus operandi della polizia russa che, nel perseguire i gruppi di attivisti che si oppongono ad iniziative del governo, ricorre a violenze fisiche.
Oltre a non avere nessuna garanzia di un processo equo, la Putilova correrebbe seriamente il rischio di andare incontro a torture che metterebbero a repentaglio la sua vita. L’Avvocato di Irina Putilova, oltre a dichiarare il fermo e la deportazione della sua assistita allo Yarl’s Wood Immigration Removal Centre come ‘totalmente inadeguato’ e in violazione della privacy Home Office, ha precisato che il caso di Irina è molto complesso e necessità dello studio di un numero significativo di documenti, che richiedono preparazione e traduzione. Questi documenti illustrano il pericolo che Irina correrebbe se fosse estradata in Russia.
Peter Tatchell, noto attivista per i diritti umani, ha rilasciato la seguente dichiarazione: ‘E’ scandaloso che Irina, o qualsiasi rifugiato, venga trattato in questo modo e trattenuto come fosse un detenuto. Non viene dato abbastanza tempo per preparare un reclamo. Dato che lei è già stata sottoposta a vessazioni e minacce, è pericoloso per Irina a tornare in Russia. Ha lasciato illegalmente la Russia per sfuggire a questa repressione e andrebbe certamente incontro all’arresto. Mi auguro che il Ministero degli Interni liberi Irina e conceda rapidamente l’asilo’.
Una manifestazione di solidarietà si è tenuta oggi presso l’Ufficio UKBA, mentre diverse organizzazioni si stanno attivando affinchè l’attivista russa venga subito cancellata dal programma di deportazione.
Da quando in Gran Bretagna ha trovato applicazione il cosiddetto sistema ‘Fast Track’, che non dà ai migranti il tempo di produrre atti e prove che consentirebbero la concessione di asilo politico, soltanto 1% di quanti ne fanno richiesta riesce ad ottenere il permesso e a non essere estradato verso i paesi d’origine laddove andrebbero incontro a trattamenti inumani.
Gian J. Morici