235 sì, 70 no. Questi i numeri della fiducia a Letta che decretano la sconfitta al Senato di Silvio Berlusconi. Una sconfitta che Berlusconi, pur di non ammettere, ha giocato invitando i suoi senatori a votare la fiducia al governo.
Fin troppo evidente come la decisione sia stata presa in conseguenza della spaccatura all’interno del Pdl, che avrebbe portato dinanzi gli occhi di tutti la fine di un padre-padrone che ignorando le necessità degli italiani fino all’ultimo momento si è preoccupato solamente delle sue grane giudiziarie.
Incisivo il discorso di Letta in Aula: “L’Italia corre un rischio irrimediabile e fatale. Sventarlo dipende da noi e dalle scelte che assumeremo in aula, dipende da un si o da un no”.
Un voto “non contro qualcuno ma per l’Italia, per le italiane e per gli italiani”, ha precisato Letta.
Per Berlusconi una bruciante sconfitta che riporta alla mente le “Idi di marzo che videro la morte di Cesare a seguito di una congiura da parte di un gruppo di senatori. Famosa la frase attribuita a Cesare nel momento in cui veniva pugnalato dai congiurati: “Anche tu, Bruto, figlio mio?”
La storia si ripete e ancora una volta al Senato un figlio, se non biologico politico, pugnala il proprio padre.
È il caso di Angelino Alfano, delfino di Berlusconi, che avendo compreso come gli italiani abbiano ormai capito che l’ex premier ha a cuore solo la propria salvezza, non ha esitato a prenderne, quantomeno apparentemente, le distanze.
Un’autentica sconfitta per falchi e pitoni di un partito che ha ormai perso ogni credibilità, costretti, loro malgrado, a buttar giù un boccone amaro che rischia di avvelenare anche gli stessi fedelissimi del Cavaliere.
Quello che in molti si chiedono è cosa avverrà adesso e cosa sarebbe cambiato qualora fosse caduto il Governo.
Paradossalmente, l’unica possibilità di salvezza per Silvio Berlusconi era rappresentata proprio dalla tenuta del Governo Letta.
Se da un lato è vero il fatto che la decadenza a seguito della condanna definitiva del leader del Pdl rappresenta per lo stesso una minaccia letale, va anche considerato il fatto che nell’ipotesi in cui fosse stato sfiduciato il governo, grazie alla stessa legge che regolamenta la decadenza, Berlusconi sarebbe poi incappato nell’incandidabilità che prevede come “non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato e di senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni”.
Cosa accadrà adesso? Dando per scontato che in un paese civile una sentenza dovrebbe trovare applicazione e che il condannato Berlusconi dovrebbe subire gli effetti della condanna, non dobbiamo dimenticare che viviamo in Italia e che in nome dei trascorsi del condannato, nonché dei suoi rapporti più o meno limpidi con soggetti politici e istituzionali, non è difficile ipotizzare il ricorso al detto: fatta la legge, trovato l’inganno!
Ma a cosa potrà servire il ricorso ad un escamotage che permetta a Berlusconi di continuare a mantenere il proprio ruolo politico, considerati i processi che ancora lo vedono imputato e dai quali è difficile ipotizzare possa uscirne assolto?
In quel caso, cosa ci si dovrebbe inventare per evitare la conoscenza delle patrie galere al condannato più famoso d’Italia? E con quali conseguenze, anche sul piano internazionale?
Quello che appare ormai certo che la sconfitta odierna di Berlusconi avrà serie conseguenze politiche anche per coloro i quali ad oggi lo hanno sempre sostenuto. Conseguenze che inevitabilmente vedranno i dissidenti pronti a prendere le distanze da quello che é stato negli ultimi venti anni il padrone di un partito che non è mai stato tale, per dare vita a nuove formazioni politiche all’interno delle quali garantirsi un posto al sole e comode poltrone.
Gian J. Morici