Nicolò Milioto, descritto come la figura chiave nella vicenda della corruzione nel mondo degli appalti pubblici di Montreal, è comparso dinanzi i giudici per rispondere delle accuse che lo vedono legato al potente clan dei Rizzuto.
Milioto non ha negato di aver incontrato regolarmente Nicolò Rizzuto, anziano patriarca della Sesta Famiglia ucciso nel 2010, durante il periodo in cui era un assiduo frequentatore del Club Cosenza.
Incontri che Milioto ha giustificato sostenendo di aver giocato a carte con i boss, descritto come un uomo buono, una persona perbene.
Secondo l’accusa, Milioto sarebbe stato il collettore delle tangenti, facendo da tramite tra imprenditori ed esponenti della famiglia mafiosa alla quale andava il 2.5% del valore dei contratti.
Il Club frequentato dall’uomo, fu al centro di un’indagine sulla criminalità organizzata condotta dalla polizia canadese che filmò il passaggio di mazzette.
Le immagini mostrarono come i soldi fossero stati nascosti nei calzini prima di essere consegnati al boss. Sulla provenienza del denaro ha dichiarato che si trattava di fondi raccolti per l’Associazione Cattolica Eraclea e che gli stessi venivano nascosti nei calzini per timore che potessero essere rubati. Così come le donne nascondono spesso i soldi nel reggiseno – ha dichiarato l’uomo.
Le giustificazioni e le risposte evasive a volte sfottenti, hanno finito con l’indisporre il giudice che ha chiesto più volte spiegazioni sull’assidua presenza dell’uomo al club e sulla frequentazione con l’anziano boss. Per la cronaca, Milioto fu visto entrare nel club sociale 236 volte.
Un numero di volte che, secondo Milioto, trova spiegazione con la vicinanza del club con il macellaio e la panetteria presso cui si riforniva.
Riferendosi al Rizzuto, ha detto: “Per me era un padre di famiglia, una brava persona. Mi ha rispettato, lo rispettavo. Ero consapevole di ciò che i giornali riportavano sul clan Rizzuto. Ma non era affar mio.
Il processo riprenderà questa mattina con ulteriori domande al Milioto.
gjm