Ma da che evadi? Dal penitenziario della settimana feriale, per ficcarti nella casa circondariale del traffico diretto al mare. Da dove evadi? Quando l’unica fuga la posti su facebook, in maniera per nulla originale una spiaggia dei Caraibi. Un grande. Non ci aveva pensato nessuno.
Eppure a volte può bastare. Razione sufficiente per andare al mare e tornare abbronzati. Fare invidia al parente o al dirigente che deve restare pallido per far vedere che lui lavora.
Sarai fiero di te. Con gesto preciso pianti l’ombrellone e sorvegli i figli. Lo pianti bene, come il tuo vicino di spiaggia non sa fare. Sicuramente il suo ombrellone decollerà libero a momenti. Lui. Libero. Tu?
Bella la tua libertà. Ti sembra un porcellino d’India sbranato da cani. Quanti sezionano senza grazia la tua libertà. Hai cominciato a dormire male. Tua moglie dice che sono tutte le schifezze che mangi e la tua pancia sembra dargli ragione in tre gradi di giudizio Cassazione compresa.
Libertà prostituita, da centri commerciali, dirigenti uomini con umore uterino, uno spread che non sai cos’è, ma se la nazionale di calcio vince le partite importanti sembra diminuire e infondere ottimismo.
Stamattina sei andato confortato in spiaggia. L’ultimo cattivone che ha osato attentare alla sicurezza di questo bel paese, è dietro le sbarre. Che bello stare tra persone pulite. Ti stavi quasi rovinando l’appetito per questa bomba. Faccia da cattivone, anima da cattivone. Poco conta che non abbia spiegato bene perchè ha fatto tutto quanto. È dietro le sbarre e questo ti conforta.
Questi pensieri non vuoi ti appartengano, c’è chi ci pensa per te, se no che le paghi a fare le tasse? Poi oggi c’è la partita. E quei chili in più li dovresti perdere. Ma la sera alla birra economica non ci sai rinunciare, ti soffoca quel blocco di granito acido all’altezza dello stomaco.
Ti aiuta, rende il mondo migliore, rende i parenti meno succhiasangue, il dirigente meno stronzo la mattina dopo. Poi tutto torna normale. Quella birra serve. È un alibi. Vai avanti a moventi oscuri.
I figli sono l’alibi alla tua pigrizia da gatto persiano castrato. Non vai via per loro, lo ripeti a destra e a manca, lo minacci a tua moglie. Se te ne vai vede l’orizzonte più roseo, lei. Ma tu credi che senza di te non vivrebbe.
Guardi intorno, vedi giovani che portano tartarughe addominali, attirano fauna femminile, gonfia naturalmente o con carne opportunamente rimpolpata nei punti giusti. Non ti guardano nemmeno. Sei classificato come panorama di sottofondo. Padre di famiglia decorazione ornamentale con optional di accampamento formato da ombrellone e vivande. E figli. E moglie. Incazzata.
A te arrivano due schiaffi travestiti da domande inquiete come yorkshire eccitati.
Quando cazzo finisce stà domenica? Quando arriva la partita?
Lo hai piantato troppo in profondità l’ombrellone e come fosse una lancia. Tua moglie ti guarda come se glielo avessi ficcato nel costato.
Piange, torna indietro, una bambola. Fuori da ogni epoca. Vola sopra a gente che benedice l’estate per poter esibire qualcosa di più gradevole del cervello.
Nessuno in quella lingua di sabbia camminerebbe con una gonna vaporosa a fiori e le scarpe in mano. Vestita come se fosse riemersa dalla sera prima in qualche posto più ubriaco di lei.
Piangendo.
Più per curiosità, ma anche per golosità, una bella ragazzina non c’è che dire, ti avvicini. Hai visto mai che un colpo di magia cancelli l’anagrafe e la panza.
– perchè piangi? –
– idontanerstend-
– english?-
– I’m Russian-
Qualche parola del tuo diploma e delle canzoni inglesi che suonavi con gli amici te la ricordi, una frase si può ancora grammaticalmente sputazzare.
– why are you cry?- sarà inglese da Albertone ma lei capisce.
Tu cogli tre parole in croce, boyfriend hate, che ti sembra sia odio, e me. Il mio ragazzo mi odia
Leave me alone, mi ha lasciato sola.
Bella rogna chiedere, guardi la famiglia, tua moglie da capodoglio spiaggiato ha fiutato il delfino aggraziato e la sua minaccia. Non tanto per lei che risponde asettica, quanto tu che guardi le tette.
La russian capisce che non è aria.
– It’s ok, thanks, goodbye –
Lo dice con voce per cui non è nulla ok, è sola, è triste, non sa che fare, ma ti ha delegittimato. Non gli servi per aiutarla davvero.
Grazie, sembra venuta da un mondo in cui i sentimenti si provano davvero, non il tuo dove galleggi come uno stronzo, in superficie, contento di scioglierti lentamente. Un mondo che non ti apparterrà mai.
Si allontana, vira pericolosamente verso il mare, ci mancherebbe il suicidio, così non puoi nemmeno sederti da quel parti che se ti fotografano e vai sul giornale per l’eternità sarai “il bagnante indifferente accanto al cadavere”.
Si avvicina, poi va decisa verso la strada. Per te è salvezza, l’idea che possa ficcarsi sotto una macchina non ti sfiora nemmeno.
La tua domenica salva coincide con lei che sparisce all’orizzonte, hai già tante preoccupazioni con l’atto di proprietà, ci manca solo che ti accolli quelle degli altri per usucapione.
Torni alla tua felicità artificiale come un crack scaduto, pensi, profondamente.
Chissà se Balzaretti oggi gioca.
Scotta il sole, ti abbronzerai, farai invidia al dirigente, e se si incazza, lui che è sempre pallido?