“La preoccupazione che ha interessato i sindaci, la Regione Siciliana, i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e degli operatori nel settore del turismo e della pesca è fondata: il pericolo non è scongiurato”. Lo ha detto l’on. Angelo Capodicasa (Pd), nell’Aula di Montecitorio, nel corso dell’illustrazione di un’interpellanza sulle trivellazioni nel Canale di Sicilia, a cui ha risposto il sottosegretario allo Sviluppo economico, Catia Polidori.
“Come ci è stato detto e confermato, molte delle iniziative di trivellazione nel Canale di Sicilia sono ancora in atto, ancorché alcune di esse non hanno visto materialmente l’inizio delle attività”.
“La risposta del governo è insoddisfacente – ha dichiarato Capodicasa (Pd) – ci si sta limitando a verificare il rispetto del limite delle 12 miglia dalle aree marine protette, o se le iniziative ricadano o meno nelle acque territoriali italiane, manca una politica di insieme”.
“I danni per il turismo, per la pesca e per l’ambiente – chiede il deputato Pd – sarebbero meno gravi se le trivellazioni fossero effettuate a 13 miglia dalle aree protette? Non saranno uno o due miglia in più a mettere le coste siciliane al riparo dagli eventuali danni che potrebbero essere recati alle attività turistiche, all’ecosistema marino o ancora alle attività di pesca”.
“Oltre a intervenire sulle attività di stretta pertinenza e competenza dello Stato italiano – conclude Capodicasa (Pd) – bisogna fare in modo che le istituzioni internazionali, in primo luogo l’Europa, intervengano affinché questa attività sia rigorosamente disciplinata, in modo tale da non costituire un rischio per l’ecosistema e quindi all’economia dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo”.
SOTTO IL TESTO DELL’INTERROGAZIONE E LA RISPOSTA DELL’ON. POLIDORI:
CATIA POLIDORI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la zona di mare comprendente il canale di Sicilia, sia in acque territoriali italiane, sia tunisine, si è rivelata da tempo di notevole interesse per le attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi. Tali attività sono state sviluppate sin dagli anni Settanta e Ottanta rinvenendo importanti giacimenti di idrocarburi liquidi e gassosi. Attualmente il canale di Sicilia è interessato da programmi di ricerca da parte di numerosi operatori. Dal mese di agosto 2010 sono entrate in vigore le rigorose misure restrittive introdotte con il decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128. La norma, particolarmente incisiva sull’attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi nei mari italiani, introduce il divieto assoluto di ricerca, prospezione ed estrazione di idrocarburi all’interno delle aree marine e costiere protette per una fascia di mare di dodici miglia attorno al perimetro esterno delle zone di mare e di costa protette. Inoltre, le attività di ricerca ed estrazione di olio sono vietate nella fascia marina di 5 miglia lungo l’intero perimetro costiero nazionale. Al di fuori di queste aree di divieto, le attività in questione saranno tutte sottoposte a valutazione d’impatto ambientale, sentiti gli enti territoriali costieri interessati. L’acquisizione di tale parere costituisce una rilevante novità introdotta dal decreto legislativo n. 128 del 2010.
Nell’ambito della VIA, quindi, saranno sentiti la regione siciliana e gli enti territoriali costieri, che potranno esprimere il proprio avviso ed eventuali opposizioni. A tale proposito, è da evidenziare che la regione siciliana ha manifestato la netta contrarietà al rilascio di titoli per idrocarburi presenti e futuri, dapprima con la delibera del Governo regionale n. 263 del 14 luglio 2010 e, successivamente, con una nota dell’assessorato del territorio e dell’ambiente del 7 settembre 2010. Inoltre, sono pervenute al Ministero dello sviluppo economico osservazioni e opposizioni da parte dei comuni di Racalmuto e Ragusa. Nell’ambito della procedura di VIA potranno essere esaminate le eventuali criticità ambientali, con le altrettanto eventuali opposizioni e, successivamente, alle valutazioni di competenza del Ministero dell’ambiente, potrà essere espresso il giudizio di compatibilità ambientale dei lavori da eseguire. Allo stato degli atti risulta che sono state presentate ventinove istanze di permesso di ricerca di idrocarburi in mare. Dalla verifica delle possibili interferenze delle aree di ricerca con le zone tutelate dal provvedimento ambientale, è risultato che sedici istanze sono ubicate all’esterno di zone tutelate, quindi la relativa istruttoria può avere seguito, cinque istanze devono essere opportunamente ridotte di area, per tenere conto dei divieti e, infine, otto istanze, ricadenti nella zona tutelata, sono state interessate dalla procedura di diniego.
Per quanto attiene alle specifiche situazioni evidenziate dall’onorevole interrogante, si precisa che: la società Northern Petroleum ltd è titolare di due permessi di ricerca per idrocarburi e di nove istanze di permesso di ricerca nel canale di Sicilia. Per quanto riguarda i due permessi vigenti nel canale di Sicilia la società ha ottenuto la sospensione del decorso temporale e, conseguentemente, anche la sospensione delle attività programmate. Per le istanze è stato verificato, alla luce del decreto legislativo n. 128 del 2010, che una di esse è completamente interferente con le zone tutelate dal testo unico ambientale e, quindi, è stata oggetto di preavviso di diniego da parte del Ministero dello sviluppo economico; sei istanze, le cui aree di ricerca ricadono parzialmente in aree interdette, dovranno essere opportunamente ridotte e, infine, un’istanza è esterna al limite delle dodici miglia. Per quest’ultima istanza, denominata convenzionalmente «d 30 G.R.-N P», presentata dalla società sopra citata, è proseguita l’istruttoria in quanto ubicata esternamente al limite delle dodici miglia. La direzione competente del Ministro dello sviluppo economico, sentito il parere favorevole espresso dalla Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie (CIRM), nella seduta del 23 febbraio scorso, ha provveduto a comunicare alla società richiedente di presentare la documentazione per l’avvio della procedura di VIA.
La società Shell Italia E&P ha assunto il ruolo di rappresentante unico di sei permessi di ricerca per idrocarburi in mare, in compartecipazione con Northern Petroleum Ltd, ubicati nella zona di mare antistante Trapani. L’area di ricerca di cinque permessi è ubicata all’esterno delle zone tutelate dal decreto legislativo n. 128 del 2010, mentre un’area di ricerca è risultata interferente con zone tutelate.
Per tre dei sei permessi è stata presentata istanza di sospensione del decorso temporale, e quindi delle attività programmate, mentre per gli altri tre è stato richiesto il differimento del termine di perforazione del pozzo esplorativo al marzo 2012. La notizia stampa dell’imminente esecuzione di perforazioni non trova quindi conferma in relazione a quanto sopra riferito. Tuttavia è da presumere che la notizia si riferisca al programma dei lavori di tre permessi di ricerca denominati convenzionalmente «G.R20NP», «G.R21NP» e «G.R22NP», rilasciati con decreto ministeriale 14 febbraio 2007, per i quali era prevista la scadenza dell’obbligo di perforazione il 31 marzo scorso. Per tali permessi è stata richiesta, come peraltro riferito, la sospensione del decorso temporale, con la conseguente sospensione dell’attività di perforazione, e pertanto non saranno svolte le attività programmate.
Per le altre situazioni autorizzative si segnala il sito del Ministero dello sviluppo economico, per una complessiva informazione sui dati essenziali e sullo stato dei procedimenti relativi al conferimento dei permessi e delle concessioni di coltivazione nel canale di Sicilia e, più in generale, su tutto il territorio nazionale.
Per quanto attiene l’attività di ricerca di idrocarburi nella zona di mare antistante all’isola di Pantelleria, a seguito di parere favorevole della commissione VIA, circa l’esclusione del progetto dalla procedura di VIA, è stato rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, con decreto ministeriale 12 novembre 2002, un permesso di ricerca per idrocarburi in acque territoriali italiane, denominato convenzionalmente «G.R 15.PU», alla Puma Petroleum, successivamente trasferito alla Società Audax Energy Srl, che, ancora oggi, ne risulta titolare.
Nell’area del permesso, però, non risulta essere stato svolto alcun lavoro, né di ricerca, né di perforazione, né tanto meno di installazione di piattaforma per l’estrazione di idrocarburi, perché la Società Audax ne ha chiesto la sospensione, autorizzata con decreto ministeriale del 17 novembre 2008, e allo stato attuale non vi è stata nessuna richiesta per la ripresa delle attività.
Si può ragionevolmente ritenere che la notizia stampa, relativa all’attività di una piattaforma al largo di Pantelleria, si riferisca a lavori svolti al di fuori delle acque territoriali italiane, nell’offshore tunisino, nella parte confinante con il permesso di ricerca «G.R 15.PU». La stessa Società Audax è titolare dell’istanza denominata convenzionalmente «d364C.R-.AX», ubicata a nord di Pantelleria oltre il limite delle 12 miglia. Per tale istanza, quindi, è proseguita la relativa istruttoria e la Direzione competente del Ministero dello sviluppo economico, sentito il parere favorevole espresso dal CIRM, nella seduta del 23 febbraio 2011, ha provveduto a comunicare alla Società richiedente di presentare la documentazione per l’avvio della procedura di VIA al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Inoltre, sempre per rispondere puntualmente all’onorevole Capodicasa, la notizia stampa relativa al comunicato della società Shell Italia E&P, di aspettarsi una produzione di 150 mila barili al giorno nel canale di Sicilia è da considerarsi a oggi, per quello che si conosce, una mera ipotesi basata sulle conoscenze geologiche dell’area. Proseguendo, la società Hunt Oil Company ha presentato quattro istanze di permesso di ricerca nel canale di Sicilia. Tre istanze, le cui aree di ricerca ricadono parzialmente in aree interdette, dovranno essere opportunamente ridotte all’istanza esterna al limite delle 12 miglia. È del tutto evidente che in tale area non è stato svolto alcun lavoro né di ricerca, né di perforazione, né tanto meno di installazione di piattaforma per l’estrazione di idrocarburi. Le eventuali criticità ambientali e/o lo svolgimento di lavori in zone sensibili quali quelle vulcaniche dovranno essere esaminate e valutate nell’ambito della procedura di valutazione di compatibilità ambientale.
Il Ministero dello sviluppo economico non ha notizie dirette delle numerose attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi che si svolgono al di fuori dei confini nazionali, in particolare nella piattaforma continentale africana nella zona antistante la Libia e la Tunisia, e pertanto non conosce, se non indirettamente, i numerosi progetti di ricerca e coltivazione che sono in piena attività e forniscono un rilevante contributo alla produzione mondiale di idrocarburi.
Concludendo, in relazione, poi, alle possibili iniziative da intraprendere al fine di coinvolgere gli Stati rivieraschi, è da segnalare che il commissario dell’Unione europea all’energia, Gunther Oettinger, ha rappresentato l’opportunità di un’iniziativa europea per l’esame dei rischi e la predisposizione di piani di emergenza comuni per l’estrazione petrolifera in ambito mediterraneo.
La rappresentanza italiana ha posto in evidenza, in tale contesto, la rilevanza dell’adozione di misure di prevenzione ed emergenza comuni in area mediterranea e, a tale riguardo, è stato attivato un tavolo di confronto con tutti gli Stati mediterranei, al fine di armonizzare le diverse azioni di tutela ambientale e di sicurezza per le attività petrolifere offshore, in una logica di sistema integrato per l’emergenza.
In tale contesto potrebbe trovare poi applicazione la creazione di uno specifico fondo rischi per l’emergenza delle attività upstream – ricerca e coltivazione di idrocarburi – di natura mutualistica tra gli operatori al fine di poter disporre di risorse finanziarie private adeguate e prontamente utilizzabili.
Atto Camera
Interpellanza 2-00942
presentata da
ANGELO CAPODICASA
martedì 25 gennaio 2011, seduta n.423
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
da notizie di stampa, diffuse recentemente, si apprende che, nonostante i divieti e le limitazioni esistenti, starebbero per entrare in azione nel Canale di Sicilia le trivelle della Northern petroleum, per effettuare ricerche di giacimenti petroliferi;
sempre stando alle notizie sopra ricordate, l’autorizzazione per la ricerca alla Northern, rilasciata nel 2004, sarebbe scaduta nel 2010, e poco prima dello spirare dei termini il Ministro per lo sviluppo economico avrebbe prorogato l’autorizzazione in scadenza, tanto che la Northern sarebbe in procinto di avviare le ricerche già entro i primi mesi del 2011;
già altre trivelle, come la «Atwood Eagle» della «Audax», nonostante le proteste dei sindaci siciliani dei comuni della fascia costiera e la contrarietà della regione siciliana, sembrerebbe pronta a riprendere le trivellazioni al largo dell’isola di Pantelleria;
la «Shell» avrebbe dichiarato di aspettarsi dal Canale di Sicilia, oltre 150 mila barili di greggio al giorno e che la «Bp» ha stretto accordi con la Libia per l’attivazione di ricerche nel Canale;
la «Hunt Oil Company» ha avanzato richiesta per ricerche nelle vicinanze delle coste agrigentine, addirittura nell’area interessata da fenomeni vulcanici sottomarini che nell’800 diedero vita, per effetto delle eruzioni, all’isola Ferdinandea a poche miglia dalla costa di Sciacca, noto centro turistico-termale ed importante porto peschereccio del Mediterraneo;
secondo i dati forniti dalle associazioni ambientaliste, sarebbero più di cento le autorizzazioni di ricerca richieste o in vigore nell’area marina prospiciente le nostre coste;
sono da tenere presenti le caratteristiche del Mediterraneo, un mare chiuso, a forte vocazione turistica nel quale insistono importanti attività di pesca, che costituisce un delicatissimo ecosistema, dall’equilibrio in parte compromesso per gli effetti della rilevante antropizzazione;
vanno considerati i rischi aggiuntivi che eventuali incidenti nell’attività di ricerca ed estrazione, com’è avvenuto di recente in altre aree del mondo, comporterebbero danni epocali all’ecosistema e quindi all’economia dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo -:
se le notizie riportate corrispondano a verità;
qualora tali notizie fossero confermate, se non ritenga di intraprendere iniziative volte a scongiurare questo proliferare di iniziative di ricerca, anche con il coinvolgimento dell’Unione europea.
(2-00942) «Capodicasa».